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Gaggero & Luccardini
Leggi i suoi articoliCaro Gaggero,
Il calice innalzato al cielo da questo costruttore di parcheggi esalta quanto di più eccelso possa avere oggi l’uomo urbano: l’automobile coi suoi servomeccanismi. A bordo dei Suv contemporanei puoi orientare gli specchi dando ordini vocali, scegliere la temperatura giusta per ciascuno dei tuoi passeggeri, programmare il percorso sul navigatore inserendovi le deviazioni suggerite per poter vedere, passando senza fermarsi, la tale abbazia che altrimenti perderesti restando in autostrada. Il problema dei Suv è dove metterli quando sei arrivato. Perciò c’è bisogno di autosili, che di solito sono nel sottosuolo. Qui invece siamo all’opposto: la torre per le auto sale verso le nuvole, gareggiando in altezza con gli uffici che ha intorno. Siamo arrivati al punto in cui rende più un posto macchina in centro che un pied-à-terre in una discreta zona residenziale. E quindi, nonostante la bellezza congenita del manufatto, questo mi sembra un argomento da misurare col mostròmetro.
Luccardini
Caro Luccardini,
Abito e lavoro in centro, uso poco la macchina, sono un uomo fortunato per gli spostamenti ordinari. Non è così per la maggior parte di noi. Il problema è però che non solo le città si sono enormemente sprawlate (cioè dilatate, diffuse, disperse) rendendo indispensabile il cavallo meccanico, ma che chi sta in centro lavora in periferia e chi sta in periferia lavora in centro; siamo in A con il cuore in B ovvero viviamo una schizofrenia esistenziale tenuta insieme alla bell’e meglio dall’automobile. Sicura schizofrenia, almeno, per quanto consiste lo spazio (io credo anche nelle altre dimensioni ma è un altro discorso). Dunque gli spazi e i volumi per l’auto, con l’aver ragione d’essere, si rivestono con le forme del possibile. Il parking entra nell’atelier dell’architettura e si veste come vuole, come capita, come gli viene imposto. La coerenza è quasi sempre al limite del possibile, quasi mai tende al suo baricentro. Ma c’è?
Gaggero
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