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Roberta Bosco
Leggi i suoi articoli«Un direttore di museo non è un dittatore, concentrare molto potere in un’unica persona non è mai positivo. Deve basare la sua gestione in un discorso solido e coerente, ma non deve avere la pretesa di spiegare tutto. Il museo è uno spazio di continue trattative, dove rendere visibili i conflitti sia esterni che interni».
Lo afferma Ferran Barenblit (Buenos Aires, 1968), che ha sostituito Bartomeu Marí (dimissionario a causa dello scandalo per l’opera dell’ex re Juan Carlos sodomizzato; cfr. n. 356, set. ’15, p. 17) alla direzione del Macba (Museu d’Art Contemporani de Barcelona), dopo sette anni come direttore del Centro de Arte 2 de Mayo (Ca2m) di Móstoles, alla periferia di Madrid.
Barenblit, che è riuscito a collocare nel circuito artistico un centro nuovo e fuori mano come il Ca2m, ora affronta la sfida di ritrovare l’identità perduta del Macba. «Il Macba deve rileggere e rielaborare la sua storia iniziando dalle fondamenta che sono eccezionalmente solide», assicura riferendosi alla direzione di Manuel Borja-Villel (ora direttore del Reina Sofía di Madrid), che diede un’identità al museo iniziando il suo discorso negli anni ’70 con l’Informale.
«A Barcellona abbiamo troppo hardware e poco software. Non abbiamo bisogno di nuovi spazi, ma di consolidar le infrastrutture esistenti», afferma Barenblit, che centrerà il suo programma sugli aspetti più sperimentali e avanguardistici dell’arte contemporanea, sviluppando le relazioni con la creatività latino-americana e nordafricana.
«Il Macba deve stabilire le sue narrazioni a partire dalla revisione della storia ufficiale e delle culture popolari contemporanee. Voglio trasformare, non rompere, ma non rinuncio alla passione e ai sogni: il futuro non deve essere schiavo del presente», conclude.
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