Balla «fotografico» e «cinematografico»

Una presentazione della monografica su Giacomo Balla di Simone Aleandri

Francesca Romana Morelli |  | Roma

Sul recto della monumentale tela «Velocità astratta» (1913) Giacomo Balla dipinse, circa vent’anni dopo, la «Marcia su Roma», in concomitanza con il decennale dell’evento, servendosi di una fotografia riprodotta su un giornale del tempo.

Alla ricerca figurativa del pittore torinese Simone Aleandri dedica, fino al 2 aprile, la mostra «Balla dipinse», una trentina di opere tra tempere, pastelli, disegni a china e a matita. L’utilizzo del nuovo immaginario offerto dalla fotografia, dal cinema e da riviste sedusse numerosi artisti dell’epoca, compresi quelli italiani, fra i primi Francesco Paolo Michetti, per poi diventare un filtro diffuso nel periodo del Ritorno all’ordine.

Anche l’orientamento figurativo di Balla, che ha molteplici origini, risente dei nuovi media, spiega Fabio Benzi, curatore della mostra e autore di un saggio nel catalogo: «Dalla fotografia di moda, come dalla
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