Artur Žmijewski e l’attualità della paura

L’artista polacco in mostra al Pac offre un’urgente riflessione sui meccanismi del potere, dell’oppressione, della violenza fisica e mentale

«Gestures» (2019) di Artur Żmijewski Cortesia Foksal Gallery Foundation, Varsavia e Galerie Peter Kilchmann, Zurigo
Ada Masoero |  | Milano

«Quando la paura mangia l’anima» è il titolo della prima personale in Italia dell’artista polacco Artur Žmijewski (Varsavia, 1966): sebbene si tratti della citazione quasi letterale del titolo di un film del lontano 1974 di Rainer Werner Fassbinder, non potrebbe esserci asserzione più attuale di questa, nei giorni crudeli di una guerra che, mentre scriviamo, sta incendiando il mondo.

La rassegna, curata da Diego Sileo per il Pac | Padiglione d’Arte Contemporanea da lui diretto (dove sarà visibile fino al 12 giugno), presenta una scelta di lavori di quest’artista, fra i più eminenti sulla scena polacca (Žmijewski, che è anche regista e fotografo, ha tra l’altro rappresentato il suo Paese alla 51ma Biennale di Venezia, nel 2005, ed è stato presente a documenta 12 nel 2007), che nella sua ricerca riflette sui meccanismi del potere, dell’oppressione, della violenza fisica e mentale perpetrata dall’ordine sociale esistente sui più indifesi.

Sullo sfondo di un palese pessimismo riguardo all’istintiva propensione dell’uomo per il male, l’artista si esprime attraverso un sistema di simboli per porre in evidenza i meccanismi cognitivi che governano i comportanti umani in situazioni di dolore, di malattia, di pericolo: di una paura, cioè, divorante e pervasiva, che nel progetto «Gestures» si traduce in volti e gesti sfigurati dal terrore.

Nella serie fotografica «Persons» (un lungo murale in bianco e nero, prodotto dal Pac per questa mostra) uomini e donne spaventati affiorano dal buio: sono i profughi che nel 2021 varcavano il confine tra Polonia e Bielorussia, ma sono anche quelli che oggi fuggono dall’Ucraina. Inedito anche il film ispirato al cinema scientifico del neurologo Vincenzo Neri, mentre tutt’intorno sono esposte opere storiche, scelte anche fra quelle che indagano la paura della malattia fisica e mentale, della disabilità e del rifiuto da parte degli altri, spesso nutrito di razzismo.

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