Arnault contestato: dona al d’Orsay a spese dei contribuenti

In Francia si accende il dibattito sull’opera di Caillebotte acquistata da Bernard Arnault per il museo pubblico parigino a 43 milioni di euro ma che, grazie agli sgravi fiscali, al mecenate ne costerebbe soltanto 5

«Partie de bateau» (1878) di Gustave Caillebotte © Monique Younès
Luana De Micco |

Il dipinto di Gustave Caillebotte «Partie de bateau» (1878), di recente acquisito dal Musée d’Orsay grazie a 43 milioni di euro pagati dal gruppo Lvmh, si è trovato suo malgrado coinvolto nel dibattito sulla tassazione delle plusvalenze dei super ricchi in Francia, riportando d’attualità anche il dispositivo di sgravi fiscali che rende possibili oltralpe operazioni di mecenatismo colossali come questa.

Una norma che risulta interessante sul piano finanziario soprattutto per i mecenati: la stessa Corte dei Conti, in un rapporto del 2018 su «Sostegno dello Stato al mecenatismo d’impresa», aveva stimato in 900 milioni di euro la «spesa fiscale» annua ai danni delle casse dello Stato dovuta alle misure fiscali a favore dei mecenati.

Nel caso del Caillebotte, il mecenate è il miliardario francese Bernard Arnault, Ceo del gruppo di lusso Lvmh, collezionista d’arte (eterno rivale di François Pinault), artefice della Fondation Louis Vuitton aperta nel 2014 nel Bois de Boulogne nell’edificio opera di Frank Gehry, e che si contende ormai con Elon Musk il titolo di uomo più ricco del mondo, con un patrimonio di oltre 212 miliardi di euro secondo «Forbes».

Ma riprendiamo da capo. Il 30 gennaio scorso, la tela di Caillebotte, che fino a poco tempo fa era nelle collezioni di famiglia dell’artista, ha raggiunto le sale del Musée d’Orsay, che del pittore possiede già «Raboteurs de parquet» (1875). Il quadro era stato dichiarato «tesoro nazionale» nel 2020, un titolo che il Code du Patrimoine riserva ai beni culturali che presentano un elevato interesse per il patrimonio nazionale artistico, storico o archeologico.

Da decreto del 29 gennaio 1993, lo Stato può rifiutare l’autorizzazione all’esportazione di un’opera riconosciuta come «tesoro» e ha 30 mesi di tempo per comprarla. Nel 2022 il Governo aveva dunque bloccato l’esportazione del Caillebotte e chiesto il contributo dei mecenati privati: l’acquisto con i soli soldi pubblici non era possibile, essendo il budget del d’Orsay per le acquisizioni limitato a 3 milioni di euro all’anno.

Ed è Bernard Arnault che si è fatto avanti: «Un’acquisizione di questo calibro avviene una volta ogni 20 o 30 anni», aveva commentato Christophe Léribault, presidente del museo parigino. La tela sarà protagonista delle celebrazioni per i 150 anni dell’Impressionismo nel 2024. Partirà per un tour in Francia, con prima tappa al Musée des Beaux-Arts di Lione, e poi nell’autunno 2024 sarà esposta nella retrospettiva su Caillebotte del d’Orsay, organizzata in collaborazione con il Getty Museum di Los Angeles e l’Art Institute of Chicago.

In Francia le importanti operazioni di mecenatismo hanno sempre molta eco meditatica e rientrano nella strategia di comunicazione dei grandi gruppi: «Lvmh conferma ancora una volta il suo impegno per la salvaguardia e la valorizzazione del patrimonio artistico e culturale nazionale», ha osservato Jean-Paul Claverie, consigliere per il mecenatismo di Bernard Arnault. Nel 2018 il miliardario aveva permesso al Louvre di acquisire il «Libro d’Ore» di Francesco I, un manoscritto miniato del Cinquecento. Ma, in questo periodo di crisi, la spettacolare acquisizione del Caillebotte non poteva sfuggire all’acceso dibattito sugli enormi profitti realizzati dalle multinazionali, che ha assunto una dimensione «morale» mentre in tutta Europa crescono le preoccupazioni per il carovita e la guerra.

In Francia, come altrove, si discute dell’eventuale introduzione di una tassa sui superdividendi, respinta da Emmanuel Macron, ma appoggiata da alcuni economisti, come Thomas Piketty (autore del bestseller internazionale Il capitale nel XXI secolo, nel 2014 edito in Italia da Bompiani). Nel contesto dell’impopolare riforma delle pensioni difesa dal Governo francese, che prevede l’innalzamento dell’età pensionabile da 62 a 64 anni, con 43 di contributi, sindacati e partiti di sinistra dell’alleanza Nupes propongono la supertassa come alternativa per rimpinguare il sistema previdenziale. Mentre il contestato testo segue il suo iter parlamentare (per un voto entro il 26 marzo), e si susseguono gli scioperi e i cortei, il dibattito sta dividendo il Paese.

A inizio febbraio, due giornalisti di Bfm Tv (gruppo Altice France) si rivolgevano in questi termini a una deputata della sinistra radicale: «Ma lo sa come ha fatto il Musée d’Orsay per procurarsi la tela di Caillebotte da 43 milioni di euro? È grazie a Lvmh. Allora, ringraziamo Bernard Arnault per aver donato questo capolavoro? O avreste preferito che fossero i francesi a pagare i 43 milioni di euro?».

Volendo difendere la «generosità» del mecenate, i due giornalisti hanno fatto una gaffe, riaprendo il delicato capitolo dei giganteschi sgravi fiscali concessi dallo Stato ai mecenati: dal 2003, la Legge Aillagon (dal nome di Jean-Jacques Aillagon, ministro della Cultura di Jacques Chirac dal 2002 al 2004) permette infatti ai mecenati deduzioni di imposta del 60% e fino al 90% nel caso di tesori nazionali. Stando ai calcoli dei media francesi, sui 43 milioni di euro spesi per il Caillebotte, Arnault potrà ricevere dunque una riduzione fiscale di 38,7 milioni e il quadro sarà costato alla fine, al netto delle tasse, meno di 5 milioni.

«Se il gruppo Lvmh decide di fare ricorso al dispositivo fiscale, come ha già fatto in passato, gran parte di questa acquisizione in realtà sarà effettuata a spese del contribuente. Motivo per relativizzare la generosità del numero uno del lusso», commentava il quotidiano (storicamente di sinistra) «Libération». Nel 2018, la Corte dei Conti aveva calcolato che tra il 2000 e il 2017 il contributo del mecenatismo ha permesso di acquisire il 31% dei beni classificati «tesoro nazionale», contro solo il 3,3% tra il 1993 e il 2000. Se a rimetterci sono le casse dello Stato, per i musei questo sistema è una manna: «In un certo senso il dispositivo moltiplica il nostro budget di acquisizione: indispensabile date le quotazioni attuali degli impressionisti sul mercato dell’arte», ha osservato Christophe Léribault.

© Riproduzione riservata
Altri articoli di Luana De Micco