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Maria Reiche fotografata nel deserto peruviano da Bruce Chatwin. Foto Trevillion Images

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Maria Reiche fotografata nel deserto peruviano da Bruce Chatwin. Foto Trevillion Images

Aravena allarga gli orizzonti

La prossima Biennale di Venezia punta a ricucire lo scollamento tra l'architettura e la società civile

Luca Gibello

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Venezia.  «Expanded eye». È l’approccio con cui la Biennale di Architettura curata da Alejandro Aravena promette d’osservare la realtà circostante. L’icona rappresentativa della 15° edizione è uno scatto di Bruce Chatwin: una donna dall’alto d’una scala d’alluminio scruta un paesaggio desertico del Perù. Si tratta dell’archeologa Maria Reiche, intenta a indagare le linee di Nazca. L’immagine si fa metafora d’una prospettiva altra in virtù d’un punto di vista precluso a colui che osserva da terra. Ai partecipanti della prossima Mostra Internazionale veneziana il compito di condividere la sintesi, aiutando il pubblico a «sollevare lo sguardo»: un modo per allargare l’orizzonte ai molteplici problemi di cui l’architettura dovrebbe occuparsi. Punto focale: ricucire lo scollamento tra la disciplina e la società civile, riportare l’attenzione alla fenomenologia che conduce alla realizzazione di un progetto e alle problematiche urbane, sociali, di committenza e utenza, di risorse e di governance ad esso correlate. Perché, se l’architettura è la più politica delle arti, come sottolineato dal presidente Paolo Baratta, la Biennale deve riconoscerlo e prenderne atto.

Così, nella querelle tra autonomia ed eteronomia della disciplina, la barra sembra decisamente orientata verso la seconda. Basta scorrere i temi cardine indicati da Aravena, rispetto ai quali dovranno rispondere i lavori in mostra, declinando la valenza civile del progetto: segregazione, disuguaglianze, periferie, accesso a strutture igienico-sanitarie, migrazione, catastrofi naturali, informalità, housing, qualità della vita, sostenibilità, traffico, rifiuti, criminalità, inquinamento, comunità. Certo, ed è una delle domande che giungono dalla platea, il rischio è che l’architetto possa, rispetto a tutto ciò, non avere un ruolo di regia ma risultare marginale all’interno dei processi decisionali e operativi. 

In conferenza stampa, agli astanti non sono concesse prefigurazioni allestitive su quanto  attenderà i visitatori (dal 28 maggio al 27 novembre) tra Corderie dell’Arsenale e Padiglione centrale ai Giardini, dove si dovrebbero dipanare senza soluzione di continuità gli 88 invitati da Aravena, in rappresentanza di 37 Paesi. Di questi, 50 saranno presenti a Venezia per la prima volta, mentre sono 33 gli under 40. Tuttavia non mancano alcuni big (alcuni attesi, come Studio Mumbai, Tyin Tegnestue, Rural Studio, Rogers, Kéré, Kuma, Lobo, Mazzanti, Amateur; altri invece per i quali magari l’impegno sociale non è il primo elemento di fama, come Chipperfield, Zumthor, Sanaa, Koolhaas, Snozzi, Ando). Guardando poi le partecipazioni per provenienza nazionale, a sorpresa, i più numerosi sono gli svizzeri (9 presenze), seguiti da spagnoli (8), portoghesi e tedeschi (7 pari merito). L’Italiasarà rappresentata dai fatali TAMassociati (meritato bis, oltre alla curatela del padiglione nazionale, così come per lo svizzero Kerez), dai patinati C+S, dall’outsider Arturo Vittori, dagli idosincratici Renato Rizzi e Maria Giuseppina Grasso Cannizzo e dall’istituzionale G124, il gruppo di lavoro che opera sulle periferie a partire dall’impegno di Renzo Piano come senatore a vita. Le partecipazioni nazionali sono invece 62, distribuite come sempre nei padiglioni, in Arsenale o ai Giardini , o in varie sedi sparse in città.

Tre infine le novità di questa edizione. La mostra «Reporting from Marghera and Other Waterfronts» che, nella sede espositiva di Forte Marghera a Mestre, analizzerà casi di rigenerazione urbana di porti industriali (a cura dell’architetto Stefano Recalcati). L’allestimento «A World of Fragile Parts», che nelle Sale d’armi dell’Arsenale sarà dedicato alle arti applicate in virtù di un accordo di collaborazione con il Victoria and Albert Museum di Londra (a cura di Brendan Cormier). Il padiglione «Report from Cities: Conflicts of an Urban Age», dedicato ai temi dell’urbanizzazione, con particolare attenzione al rapporto tra spazi pubblici e privati (a cura di Ricky Burdett, docente alla Lse-London School of Economics e già curatore su questi temi della 10° edizione della Biennale). Da notare che l’annuale conferenza Urban Age, organizzata solitamente a Londra presso la Lse, si terrà quest’anno all’interno della Biennale.

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Luca Gibello, 22 febbraio 2016 | © Riproduzione riservata

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