Anche l’arte ha le sue sette sorelle
Ricche, influenti, competitive e con sedi sparse per il mondo: sono le grandi gallerie multinazionali, sempre più interessate anche al mercato asiatico

Le scogliere inglesi chiamate «Seven Sisters» diedero lo spunto a Enrico Mattei per ideare la locuzione «le sette sorelle» in riferimento alle principali compagnie petrolifere mondiali (Shell, Gulf, Texaco ecc.) che, da metà degli anni Quaranta fino alla crisi petrolifera del 1973, ebbero il pieno controllo delle sorti energetiche del mondo. Prendendo a prestito il gergo dell’imprenditore marchigiano, potremmo denominare con quella stessa espressione le sette principali gallerie d’arte contemporanea: Gagosian, Hauser & Wirth, Pace, Zwirner, Perrotin, Continua e Ropac.
Queste gallerie di fatto muovono tutto, o quasi tutto, il mondo dell’arte, influenzano il mercato, la partecipazione alle fiere e le esposizioni della stragrande maggioranza degli artisti di punta che esse rappresentano. Con un totale di 69 spazi espositivi (dando per già avvenuta l’apertura della galleria parigina di Hauser & Wirth), le sette sorelle dell’arte sono in grado di proporre un totale di circa 500 mostre l’anno. Il solo «universo Gagosian» propone in esclusiva totale o parziale un centinaio di nomi, inclusa da poche settimane Jadé Fadojutimi, attualmente tra le pittrici nere di maggior talento che, in occasione di Frieze London, a ottobre, ne occuperà l’intero stand con lavori creati ad hoc.
L’espansione sembra senza freni e le realtà più importanti tendono a quello che in economia viene definito «equilibrio dinamico»: per rimanere stabili e in posizione dominante queste devono crescere sia come location, sia come numero di artisti. Devono eccellere anche perché dietro di loro una schiera agguerrita di altre realtà incalza e si sta ampliando: da Sprüth Magers, che ha appena aperto una nuova sede a New York, a Massimo De Carlo (che gode di prestigio anche per aver ridato vita nel 2021 a Pièce Unique, lo spazio aperto a Parigi da Lucio Amelio nel 1989), da White Cube a Lehmann Maupin, galleria sempre più proiettata verso l’Oriente.
Il richiamo asiatico
Dove si stanno dirigendo le grandi gallerie, ora e nell’immediato futuro? La «corsa verso Est» è il dato più ricorrente. In passato anche l’America Latina aveva esercitato una certa attrazione e, più in particolare, il Brasile. White Cube ha avuto uno spazio a San Paolo dal 2012 al 2015 e anche Niccolò Sprovieri, in società con Paola Colacurcio, aveva aperto la galleria Progetti a Rio de Janeiro nel 2008. Ma tutte e due hanno chiuso. La difficoltà principale a operare in America Latina è prevalentemente di natura fiscale, con fortissime tasse all’importazione delle opere. Molto più semplice è vendere ai collezionisti latinoamericani durante Art Basel a Miami Beach. L’unica grande galleria che ancora guarda all’area latinoamericana è Continua che ha uno spazio a L’Avana. Quest’ultimo è però considerato più un contenitore di giovani talenti cubani che un avamposto commerciale.
In Asia tutte le sette sorelle hanno i propri avamposti e da quando sono iniziati i problemi politici, e conseguentemente economici e di operatività, da Hong Kong l’interesse si è spostato su Seul dove Perrotin ha aperto una seconda location a fine agosto con una personale della pittrice americana Emma Webster. La Corea è nel mirino anche delle grandi fiere come dimostra Frieze Seoul che si è tenuta per la prima volta nella capitale coreana (dal 2 al 5 settembre). Anche le case d’asta stanno cercando di diversificare la loro presenza in Asia dopo che per anni si sono concentrate solo su Hong Kong. Sotheby’s ha tenuto la sua prima asta dal vivo a Singapore il 28 agosto scorso. In futuro ci sarà sempre più Asia e, dopo Seul, nuove città vedranno nascere gallerie europee e americane. Sean Kelly aveva aperto un piccolo, delizioso spazio a Taipei nel gennaio 2019 ma, ahimè, non ha resistito a due anni di forti restrizioni, a causa dell’emergenza epidemiologica, per l’ingresso a Taiwan.
La prossima città di grande interesse potrebbe essere Shanghai che già ora ospita l’ottima fiera West Bund Art & Design, la cui edizione 2022 si terrà dal 10 al 13 novembre. Accanto a così tanto interesse dell’Occidente verso l’Asia, è di questi giorni un’inaugurazione di segno contrario: la Galleria Silverlens di Manila (nel 2020 inserita tra i 100 più influenti attori nel mondo dell’arte da «ArtReview») apre la sua sede di New York l’8 settembre con una mostra di Yee Y-Lann (artista malese) e Martha Atienza (artista filippina). Un buon segno a dimostrazione che la strada tra Occidente e Asia non è a senso unico.