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Thomas Ruff, Porträt (Pia Stadtbäumer), 1988

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Thomas Ruff, Porträt (Pia Stadtbäumer), 1988

Analitico e intransigente: tutto Ruff alla Whitechapel

Chiara Coronelli

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Londra. «Nel mio lavoro voglio mostrare come funziona la fotografia. Non voglio spiegare la grammatica della fotografia, ma voglio che la gente sia consapevole del suo processo». Forse l’allievo più cerebrale della Scuola di Düsseldorf, senz’altro il più intransigente nel fare dell’approccio critico e concettuale il centro della propria arte, a Thomas Ruff viene dedicata la grande retrospettiva in corso alla Whitechapel Gallery fino al 21 gennaio. Curata dalla stessa direttrice della galleria, Iwona Blazwick, «Thomas Ruff: Photographs 1979-2017» si sviluppa in un percorso tematico che abbraccia tutta la carriera dal fotografo tedesco (nato nel 1948 a Zell am Harmersbach, in Germania), da quando era ancora studente dei Becher, a oggi. Da sempre quello che interessa Ruff è il generarsi dell’immagine, il suo strutturarsi come potenziale manipolazione del mondo, «la differenza tra me e i miei predecessori, ha detto in un’intervista, è che loro credevano di avere catturato la realtà, mentre io credo di avere creato un’immagine».
Il metodo analitico lo porta a utilizzare una grande varietà di soggetti e tecnologie, e a lavorare per serie, alcune concluse e poi ricominciate in nuovi capitoli, altre ancora in corso, tutte dirette a minare la trasparenza della fotografia stessa, l’illusione che quanto viene mostrato corrisponda alla realtà. Prendendo in esame «la fotografia nel suo complesso, e l’influenza che ha sul nostro cervello e nella percezione del mondo», Ruff passa dagli scatti tradizionali che riprendendono i primi «Interieurs» e i suoi monumentali «Porträts», ai fotogrammi reinventati con un software 3-D; dalle visioni del cielo stellato di «Sterne» realizzate con un telescopio astronomico, a quelle scaricate da internet e poi manipolate nei «jpegs» e nei «nudes»; da quelle ad altissima definizione degli archivi Nasa poi rielaborate per «m.a.r.s.», alla fotocamera a infrarossi con la quale fissa le notti nei sobborghi di Düsseldorf; fino alle astrazioni di «Substrate». In rassegna anche le serie «L’Empereur», «Häuser», «Zeitungsphotos», «Maschinen», e i recenti «Negative» e «press++» (il catalogo è pubblicato da Whitechapel Gallery).

Thomas Ruff, «Sterne»

Thomas Ruff, jpeg ny02

Thomas Ruff, Porträt (Pia Stadtbäumer), 1988

Chiara Coronelli, 17 novembre 2017 | © Riproduzione riservata

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