All’IMA trans-storici da Petra alla Palestina attuale
L’Institut du monde arabe di Parigi presenta il progetto per diventare uno dei principali musei d’arte araba moderna e contemporanea al mondo. Grazie a 6 milioni di euro e a 1.677 opere della Collezione Lemand

L’Institut du monde arabe intende diventare uno dei principali musei d’arte araba moderna e contemporanea al mondo, il primo in Europa e Occidente. Il «nuovo museo» nascerà entro il 2025-26, secondo Jack Lang, presidente dell’istituzione parigina, già ministro della Cultura di François Mitterrand, che il 2 febbraio ha presentato i dettagli del progetto. L’edificio firmato Jean Nouvel con Architecture Studio, caratterizzato dal suggestivo ricamo di «mashrabiyya» sulla facciata principale, sarà dunque al centro di importanti lavori di ammodernamento, che inizieranno nel 2023. Una trasformazione resa possibile da una «sovvenzione storica» di 6 milioni di euro da parte del Ministero della Cultura: «Sono anni che aspettiamo questi interventi», ha detto Lang.
L’Ima, che è anche una vetrina diplomatica per la Francia: con un budget annuo di 12 milioni di euro, fa infatti capo al Ministero degli Esteri (e non a quello della Cultura). I fondi, oltre alla ristrutturazione degli spazi espositivi (2.400 metri quadrati), serviranno anche a realizzare il nuovo allestimento e a realizzare nuovi depositi: «Bisognerà ritrovare l’originaria bellezza dell’edificio, il dialogo tra luce e arte», ha detto Lang. Vorrà dire ampliare visivamente gli spazi, creando delle aperture, ispirandosi al Centre Pompidou, per favorire le prospettive sulla Senna e Notre-Dame. Jack Lang, 83 anni, il cui terzo mandato alla testa dell’Ima scade in marzo, non esclude progetti ancora più ambiziosi per il museo che ha contribuito a fondare.
Ulteriori lavori potrebbero essere realizzati più tardi, con un ampliamento degli spazi espositivi, coprendo l’attuale patio, ma per i quali servirebbero fondi supplementari. Lang aspira al quarto rinnovo, ma secondo la stampa francese il suo posto è ambito anche da Jean-Yves Le Drian, 75 anni, ex ministro della Difesa (nel 2012-17 sotto la presidenza di François Hollande) e degli Esteri (2017-22, con i primi ministri Édouard Philippe e Jean Castex). Ma starà al capo dello Stato, Emmanuel Macron decidere, per decreto, a inizio marzo, il nome del futuro presidente dell’Ima.
La Collezione Lemand
Il progetto del nuovo museo dell’Ima è reso possibile anche dal dono, formalizzato nel 2018, di 1.677 opere della collezione di Claude Lemand e della moglie France, che ha portato a 3.400 il totale delle opere conservate nelle collezioni permanenti del museo, che comprendono anche 900 oggetti archeologici, etnografici e manoscritti antichi, e a cui va aggiunto un fondo di circa 4.500 fotografie storiche. La Collezione Lemand comprende i lavori, dagli anni ’70 ad oggi, di oltre 90 artisti originari del mondo arabo, in particolare dell’algerino Abdallah Benateur, del libanese Shafic Abboud e dell’iracheno Dia Al-Azzawi, ma anche di Youssef Abdelké, Etel Adnan, Mohammad Al-Rawas e Abdelkader Guermaz.
Claude Lemand, 77 anni, di origini libanesi, docente universitario a Beirut, nel 1975 era fuggito dalla guerra civile nel suo Paese per stabilirsi a Parigi dove, dal 1982, aveva iniziato la sua collezione e, nel 1988, fondato una galleria d’arte. Nel 2018, al momento della cessione della collezione, è stato anche creato un fondo di dotazione, il Fonds Claude & France Lemand-Ima: «La mia donazione aveva una sola condizione: che non restasse una collezione morta e che le opere potessero essere mostrate a rotazione nel museo, ha detto Claude Lemand all’Ima. È una collezione aperta e spero che col tempo sarà raggiunta da altre donazioni». La Fondazione è stata costituita appunto con lo scopo, ha precisato in una nota il Ministero francese della Cultura, «di proseguire le acquisizioni, organizzare mostre, studiare le opere, pubblicare cataloghi, insegnare e diffondere».
Lo stesso Lemand ha cocurato alcune mostre dell’Ima, realizzate a partire dalle opere della sua collezione, come «Luci del Libano», nel 2021, e la più recente «Algeria mon amour» (che si è chiusa nel luglio 2022). Inoltre, da marzo, una selezione di opere raggiungerà il Marocco per essere esposta al MMVI, il Museo Mohammed VI d’arte moderna e contemporanea di Rabat, quindi al Museo della Kasbah di Tangeri e al Dar el Bacha, Museo delle Confluenze, di Marrakech.
Il futuro percorso
«È una collezione giovane. Oggi solo due istituzioni al mondo, il Mathaf di Doha, nel Qatar, e la Barjeel Art Foundation a Sharjah, negli Emirati Arabi Uniti, hanno un fondo più importante del nostro d’arte araba moderna e contemporanea. Siamo dunque la prima nel mondo occidentale. E siamo consapevoli che non possiamo aspirare a essere esaustivi né a fare concorrenza sulle arti dell’Islam con il Louvre, il Metropolitan di New York e il Victoria and Albert Museum di Londra», ha spiegato Nathalie Bondil, ex direttrice del Montreal Museum of Fine Arts, e direttrice dell’Ima dal 2021.
Una parte del lavoro scientifico sul futuro museo è già iniziato o sta per iniziare. Le opere della collezione sono in corso d’inventariazione. Bondil ha illustrato il futuro percorso di visita del museo che «intende creare dei dialoghi trans-storici tra gli artisti moderni e contemporanei, la loro storia e le loro civiltà, le loro tradizioni e le loro speranze». Il percorso si aprirà con una sezione dedicata alle «Fonti antiche del mondo arabo», che comprenderà un focus sulle vestigia di Petra, in Giordania, e Baalbeck, in Libano. Nella seconda sezione, «Le religioni del Libro», saranno allestiti tanto gli scatti della fotografa araba Reem Al Faisal che il prezioso foglio blu di un Corano in scrittura a mano cufica del X secolo.
La prima Grande Galleria investirà un ampio periodo del mondo arabo, dal 622 al 1918, dalla nascita del calendario musulmano alla caduta dell’Impero ottomano, con focus su ambiente ed ecologia, sull’età d’oro delle scienze arabe o ancora sulle musiche tradizionali. La quarta sezione sarà dedicata alla Nahda, il vasto periodo di vivacità culturale e intellettuale che percorse i Paesi arabi sul finire dell’Impero ottomano. La seconda Grande Galleria, sul periodo dal 1945 a oggi, presenterà anche uno spazio dedicato ai conflitti e alle diaspore e uno all’arte della Palestina. Sarà allestito inoltre un Cabinet Graphique, le cui opere fragili saranno esposte a rotazione.