Alberto Giacometti «en nature»
Alla Fondation Giacometti di Parigi indagano un linguaggio che ibrida forma umana ed elementi naturali, ispirato al paesaggio alpino svizzero amato dall’artista nella sua infanzia

Il titolo «Un arbre comme un femme, une pierre comme une tête» (Un albero come una donna, una pietra come una testa) scelto dal curatore Romain Perrin per la nuova mostra (fino al 18 settembre) della Fondation Giacometti rimanda al racconto che in una lettera del 1950 al gallerista Pierre Matisse Alberto Giacometti (1901-1966) fece della creazione di due sue opere dell’epoca: «La Fôret» e «La Clairière».
A ispirarlo è innanzitutto il paesaggio alpino svizzero dell’infanzia a Borgonovo in Val Bregaglia, della località di vacanze, Maloja, sul lago di Sils, per le maestose montagne e la luce mutevole. Nel suo atelier di Stampa Giacometti negli anni Venti realizzò diversi acquerelli, alcuni dei quali in mostra, privilegiando i laghi d’alta montagna.
Sono da cercare lì le origini di quella scrittura plastica che ne caratterizzò più tardi l’opera, in un sistema di equivalenze tra figura umana e natura. È con «La Fôret», bronzea composizione di longilinee figure femminili e un busto d’uomo più massiccio, una delle opere centrali del percorso di visita, che per la prima volta si afferma la corrispondenza tra la donna e l’albero da un lato e la testa maschile e la roccia dall’altro.
Un principio che vedrà la nascita delle diverse versioni di «Grande Femme» e «Grande tête», di cui la mostra propone alcuni esemplari. Sono esposti anche dipinti più tardi, come «Paysage à Stampa» (1961), anche questa dipinta dalla finestra dell’atelier e rimasta incompiuta. Qui le linee e le forme astratte prevalgono, in contrasto con i colori e le forme figurative ispirate al Neoimpressionismo di gioventù.
