Al Musée de Montmartre Steinlen, il pittore della libertà

Nel centenario della morte dell’artista svizzero, un centinaio di opere ripercorre la sua intera carriera

«Apothéose des chats» (1905), di Théophile-Alexandre Steinlen. © Studio Monique Bernaz, Genève
Luana De Micco |

È suo il famoso manifesto della «Tournée du Chat Noir» realizzato nel 1896 per il cabaret Le Chat Noir a Montmartre, diventato uno dei simboli della «vie de bohème» di quegli anni, nonché del pittoresco quartiere di Parigi, tanto da ritrovarlo su magliette e vassoi nella miriade di boutique di souvenir che salgono verso il Sacré-Coeur: parliamo di Théophile-Alexandre Steinlen, pittore e incisore svizzero, originario di Losanna, arrivato a Parigi appena ventenne, nel 1881, e dove visse sempre, fino alla morte, nel 1923. Cento anni dopo, il Musée de Montmartre dedica all’artista, più noto come illustratore che come pittore, una bella retrospettiva, dal titolo «Théophile-Alexandre Steinlen (1859-1923). La mostra del centenario» (13 ottobre-11 febbraio 2024).

Il suo nome è legato per sempre a Montmartre. Nel cabaret di Rodolphe Salis, Steinlen divenne amico di Henri de Toulouse-Lautrec e incontrò tra gli altri Aristide Bruant. Per molti fu il pittore dei gatti, molto numerosi all’epoca nelle vie del quartiere e che popolano già le sue prime opere. Ma Steinlen fu soprattutto il pittore della libertà, di cui il piccolo felino diventa il simbolo. «Un filo conduttore permea tutta la sua produzione, estremamente prolifica: l'impegno politico, spiega il museo in una nota. L'artista associa arte e politica, facendosi testimone critico del suo tempo. Steinlen credeva nella missione sociale e politica dell'arte, come via e voce verso un mondo migliore. Spinto da idee di giustizia e libertà sociale, non ha mai smesso di usare la matita per deridere e denunciare i poteri politici, religiosi e borghesi, oppressori e tirannici. Il popolo degli umani, ma anche quello dei gatti che ne è come un doppio carnevalesco ma dall'irriducibile stranezza animale, sono i suoi principali soggetti».

In un percorso cronotematico di un centinaio di opere, la mostra attraversa tutta la carriera di Steinlen. Si divide in tre sezioni: la prima è dedicata a Montmartre e agli anni dello Chat Noir; la seconda al popolo come soggetto e scopo dell’arte e la terza al rapporto di Steinlen con i generi pittorici più classici. Alcuni quadri in mostra a Parigi, in arrivo da Ginevra, come «Le cri des opprimés ou La Libératrice» (del 1903) e «Apothéose des chats» (del 1905), sono tra gli esempi più belli della missione di Steinlen di portavoce del popolo, degli umili e dei marginali.

Non è possibile associare un’etichetta all’opera di Steinlen, che sperimentò diverse tecniche e supporti, passando dalla stampa illustrata al libro, dal manifesto alla pittura. Si interessò a generi più accademici, paesaggi, scene di strada, come «La rentrée du soir» (1885 ca), e nudi, come «Détente» (1912), una delle tele in cui scelse per modello Masséida, una donna di etnia bambara, in cui affronta i temi dell’esotismo e del colonialismo. Dipinse mendicanti, musicisti di strada, minatori, le donne eleganti e le donne del popolo. Convinto antimilitarista, a partire dal 1913 realizzò molte affiches di guerra, denunciandone gli orrori, la miseria dei soldati e le assurdità della storia umana.

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