Al Kunstmuseum GeGo, un’artista partita dall’architettura

Costretta, in quanto ebrea, alla fuga in Venezuela, l’architetta Gertrud Goldschmidt si tuffò con passione, a partire dagli anni Cinquanta, nella disciplina «cugina»

Gego: Sonia Sanoja Cuerdas, simple medida (Coreogego) Theater Luis Peraza, Caracas, 1978 Foto: Miguel Gracìa © Fundación Sonia Sanoja – Alfredo Silva Estrada, Colonia, Foto: Ludger Paffrath
Francesca Petretto |  | Stoccarda

Molto stimata è stata, tanto in vita quanto dopo la scomparsa avvenuta nel 1994, Gertrud Goldschmidt, in arte GeGo, architetta e artista amburghese classe 1912 trapiantata a Stoccarda e costretta, in quanto ebrea, alla fuga in Venezuela. La città sveva le dedica al Kunstmuseum la retrospettiva: «GeGo: l’architettura di una artista», dal 19 febbraio al 10 luglio.

La giovane Gertrude si formò al Politecnico negli anni 1932-38 e miracolosamente negli anni clou del regime nazista portò a termine gli studi in architettura e ingegneria; ma una volta giunta a Caracas non riuscì ad affermarsi in un campo professionale a quelle latitudini più che mai dominato dai colleghi uomini.

Anche per questo motivo si tuffò con passione, a partire dagli anni Cinquanta, nella disciplina cugina, trovando l’ideale campo d’azione per la sua vulcanica creatività, e raggiungendo in breve tempo il meritato successo: di lì a poco fu scoperta dal MoMA di New York ed è considerata ancor oggi uno dei più importanti artisti latinoamericani del XX secolo.

Il Kunstmuseum ne racconta in questa mostra i primi anni in Germania e la stretta relazione, da subito evidente nel suo lavoro progettuale, tra arte e architettura, avvalendosi del prestito permanente di 100 opere da parte della Fundación Gego di Caracas, anche oggetto di un progetto di ricerca triennale condotto a quattro mani con la Fondazione Wüstenrot.

© Riproduzione riservata
Altri articoli di Francesca Petretto