Al British Museum diversi modi di intendere la femminilità
Un grande progetto espositivo supportato da Citi e dedicato al potere femminile nella religione e nella spiritualità

Stendardi tibetani arrotolati, amuleti egiziani dagli intagli intricatissimi, bassorilievi indiani e inquietanti sculture contemporanee: sono queste alcune delle opere in mostra al British Museum (dal 19 maggio al 25 settembre), parte di un grande progetto espositivo supportato da Citi e dedicato al potere femminile nella religione e nella spiritualità.
«Feminine power: the divine to the demonic» copre sei continenti e vari millenni nella storia dell’umanità, nel tentativo di evocare, più che mappare rigorosamente, diversi modi di intendere la femminilità e la sua relazione con la sfera del trascendente. Settanta gli oggetti in mostra, provenienti dalla collezione del museo londinese e accompagnati da prestiti internazionali.
Lilith, prima moglie di Adamo e sposa di Satana, è una delle figure chiave dell’esposizione. Essa compare tra le raffigurazioni di una ciotola di ceramica per incantesimi, prodotta in Iraq tra il 500 e l’800 d.C.: un oggetto magico, sepolto capovolto davanti alla soglia di un’abitazione, allo scopo di scacciare gli influssi nefasti. Quasi un millennio e mezzo più tardi, Lilith torna a occupare la mente di un’artista, Kiki Smith, in una scultura di bronzo modellata a partire dal corpo di una donna in carne e ossa (in prestito dal Metropolitan di New York). Qui, la figura demoniaca appare accovacciata a quattro zampe sulla parete, perforando con i suoi occhi di ghiaccio il visitatore indiscreto, in atteggiamento di sfida.
Kali, divinità femminile indù associata alla distruzione ma anche alla salvezza, è il soggetto di un’icona contemporanea creata dall’artista bengalese Kaushik Ghosh, commissionata appositamente per questa mostra dal British Museum. Qui, la dea indossa una ghirlanda di teste mozzate e una cintura di braccia amputate: simboli, paradossalmente, della natura compassionevole di Kali, capace di liberare le sue vittime dal ciclo senza fine di morte e rinascita.
Infine, tra le opere esposte, una stampa di Judy Chicago del 1985 che re-immagina l’episodio biblico della Creazione, ma da una prospettiva femminista. L’immagine presenta una divinità femminile che genera la vita dalla propria vulva, mentre afferra il sole con una mano ed erutta lava dal seno sinistro. Una visione capace di sfidare quella che per l’artista è l’antesignana di ogni «fake news»: quella di un dio maschile creatore di ogni cosa.
Dopo il capitolo al British Museum, la mostra viaggerà al National Museum of Australia di Canberra e in cinque istituzioni spagnole, in una partnership con la fondazione La Caixa.