Giusi Diana
Leggi i suoi articoliIsola di Mozia (Trapani). Sono oltre 5 milioni i tappi di plastica riciclati che sono stati impiegati per costruire le enormi lettere alte fino a quattro metri, visibili dall'alto anche di notte, che compongono la parola HELP.
Una installazione ambientale che si estende per 1.500 metri quadrati, non in una discarica, come si potrebbe ipotizzare, ma a sorpresa nell'area archeologica dell'isola di Mozia.
A metà tra arte e design, toccando un registro tra il ludico e il disturbante (a seconda della sensibilità del fruitore), HELP fa parte di un'operazione di narrazione transmediale avviata da Maria Cristina Finucci nell'aprile del 2013, quando nella sede dell'Unesco a Parigi ha presentato «The Garbage Patch State», dando lo status di Nazione alle grandi chiazze di immondizia che galleggiano negli oceani del mondo e che vengono indicate anche con il termine di isole di plastica. Il fenomeno, invisibile a occhio nudo, ha dimensioni allarmanti, mettendo in pericolo il fragile ecosistema marino. E l'isola di Mozia, rappresenta da questo punto di vista un luogo emblematico per denunciare la gravità del fenomeno, inserita com'è in una riserva naturale di indubbio valore, quella delle isole dello Stagnone di Marsala.
Il grido di aiuto di «HELP L'Età della Plastica», questo il nome dell'intervento, che gioca provocatoriamente con le vicine preesistenze archeologiche e i reperti esposti nel museo dell'isola, prefigura una fantomatica e grottesca Età della plastica, di cui a Mozia sarà possibile visitare i «reperti» fino all'8 gennaio.
La mostra inaugurata il 24 settembre è promossa e realizzata dalla Fondazione Terzo Pilastro-Italia e Mediterraneo in collaborazione con la Fondazione Whitaker.
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