AI e l’arte: definire fin dove arriva il copyright
Tre avvocati specialisti in materia analizzano le più recenti questioni legali in tema di arte generata dall’Intelligenza Artificiale. Chiesti al Getty 2mila miliardi di dollari

Le opportunità offerte dalle nuove tecnologie e l’esigenza degli artisti di avere il controllo sull’uso delle proprie opere, nonché di trarne un guadagno, sono i due poli di un dibattito ormai diffuso, per dirimere il quale anche le legislazioni dei vari Stati saranno inevitabilmente costrette a tracciare un confine artificiale tra che cosa è lecito e che cosa non lo è. Negli ultimi mesi sono state intentate diverse cause giudiziarie sull’uso di immagini di opere d’arte da parte di aziende tecnologiche, che le raccolgono da Internet per «addestrare» le applicazioni di AI.
L’obiettivo principale di queste cause è lo strumento di generazione di immagini Stable Diffusion di Stability AI (un modello di AI che opera principalmente con prompt text-to-image). Getty Images ha citato in giudizio Stability sia negli Stati Uniti che nel Regno Unito per il presunto utilizzo di milioni di immagini della propria libreria digitale al fine di dotarne Stable Diffusion e solo negli Usa Getty avrebbe chiesto un risarcimento pari a 2mila miliardi di dollari!
I problemi legati all’AI e alla legge sul diritto d’autore sono diversi. In primis, il processo di acquisizione da parte di questi tool: è esso stesso una violazione del copyright sull’uso delle immagini? L’acquisizione e la riproduzione di un’immagine, anche per un tempo minimo, sono infatti uno step necessario per nutrire la macchina di materiale da cui imparare. Decisamente più arduo è stabilire se le creazioni dell’AI siano opere che violano i medesimi diritti. Il punto potrebbe essere quello di valutare se sia stata copiata una parte di un’immagine originale e se tale parte può essere considerata «sostanziale».
A tali questioni va aggiunto il fatto che le stesse legislazioni nazionali trattano il diritto d’autore con sfumature differenti. C’è infine anche un’altra faccia della medaglia, e cioè la protezione delle opere generate dall’AI. Possono tali creazioni essere considerate «originali» e coperte da copyright? E, in tal caso, chi lo detiene? Il verdetto su Stability costituirebbe un importante precedente e fornirebbe in merito un riferimento giuridico certo. Purtroppo, con i vari ricorsi, potrebbero passare molti anni prima che i tribunali si mettano al passo con la tecnologia di oggi, per non parlare di quella di domani.
[Hetty Gleave e Eddie Powell]
La Cassazione italiana ha già dato un giudizio quest’anno
In Italia il dilemma sulla creatività dell’Intelligenza Artificiale è stato risolto anzitempo da Nanni Balestrini quando, nel 1961, utilizzando un calcolatore elettronico Ibm, grazie a un algoritmo da lui creato (con l’ausilio di un ingegnere), ha scomposto in sintagmi a loro volta formati da 2 o 3 unità metriche e, poi, ricombinato tre opere letterarie altrui: il Diario di Hiroshima di Michihiko Hachiya, Il mistero dell’ascensore di Paul Goldwin e il Tao te King di Laotse.
L’elaboratore ha prodotto centinaia di «poesie» e tra quelle Balestrini ha scelto le sei che gli piacevano di più e le ha pubblicate a suo nome con il titolo Tape Mark I, facendole diventare opera d’arte. Alla Cassazione Civile (n. 1107/2023), a distanza di settant’anni anni chiamata a decidere se la scenografia del Festival di Sanremo del 2016, creata tramite un programma di elaborazione digitale che rappresentava una composizione floreale in movimento, fosse opera protetta dal diritto d’autore, è bastato seguire la linea tracciata da Balestrini sotto gli occhi di Umberto Eco in un sotterraneo di quella che era la sede centrale della banca Cariplo in via Verdi a Milano.
La Corte ha chiarito che l’impiego di un programma di software per la creazione di un’opera non esclude di per sé la protezione da parte del diritto d’autore dell’output, cioè la forma espressiva dell’idea, ma è necessario valutare con rigore l’utilizzo del software e che la sua «autonomia» abbia assorbito la creatività dell’autore, come a sottintendere che le opere create dall’Intelligenza Artificiale non sono arte. Per approfondire invece il dibattito sull’etica delle intelligenze artificiali suggeriamo la visione di «Io e Caterina» diretto e interpretato da Alberto Sordi e dalla «donna robot Caterina» nel 1980. E lasciamo al lettore le sue conclusioni.
[Gloria Gatti, Avvocato]
SPECIALE AI