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Con Balthus a Rossinière nel 1994: Bowie l'aveva intervistato per «Modern Painters». Foto: Jean-François Schlemmer

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Con Balthus a Rossinière nel 1994: Bowie l'aveva intervistato per «Modern Painters». Foto: Jean-François Schlemmer

Addio a David Bowie

Il musicista britannico ha ispirato una generazione di artisti. E lui stesso dipingeva, collezionava arte e ne scriveva sulla rivista «Modern Painters»

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Redazione GDA

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Londra. Sono tante le personalità del mondo dell'arte, non solo britannico, che oggi si uniscono al cordoglio per la morte di David Bowie, musicista, artista e attore scomparso ieri a 69 anni dopo una battaglia di un anno e mezzo contro il cancro.

Bowie aveva studiato arte alla Bromley Technical High School; nel 1995 The Gallery in Cork Street a Londra aveva ospitato la sua prima mostra personale di dipinti.

Oltre a dipingere, Bowie collezionava (spaziava da Rubens e Tintoretto a Graham Sutherland, Stanley Spencer, Balthus, Gilbert & George) e scriveva d'arte. Nel 1997 aveva cofondato 21, un progetto editoriale di libri d'arte e faceva parte del comitato editoriale di «Modern Painters» , contribuendo regolarmente alla rivista con suoi articoli. Nel 1996 aveva dedicato un editoriale su Jean-Michel Basquiat e quello stesso anno, nel biopic dedicato al graffitista statunitense scomparso a soli 28 anni, aveva interpretato il ruolo di Andy Warhol.

In un tweet, Tracey Emin, che era stata intervistata da  Bowie per la rivista «Modern Painters» nel 1997, ha scritto: «Ciao amico mio. Grazie per la colonna sonora della mia vita #DavidBowie». La  Emin aveva inaugurato ufficialmente la retrospettiva su  Bowie allestita al Victoria & Albert Museum nel 2013.

In un altro pezzo scritto per «Modern Painters» nel 1996, Bowie dialogava con Damien Hirst alla vigilia di una personale dell'artista britannico alla Gagosian Gallery di New York. «A definire la tua opera, scriveva Bowie, parlando con Hirst della condizione mortale dell'essere umano,  e a farla sembrare così diversa da quella dei tuoi coetanei è una dose di gran lunga più grande di passione. Un forte rancore verso l'idea della morte. Di certo mi colpisce perché emotiva,  in quanto eco di sorti diverse, laddove nell'opera di tuoi amici, come Gavin Turk o Sarah Lucas, per esempio, il fondamento sembra essere un cinismo terra terra, forse una presa di posizione ironica, di un'ironia nera».

Intanto la retrospettiva partita dal V&A, «David Bowie Is», dopo aver toccato sette sedi museali è allestita fino al 13 marzo nel Groninger Museum, nei Paesi Bassi, mentre è  da confermare una tappa giapponese nella primavera del 2017. La mostra comprende oltre 300 oggetti che, secondo gli organizzatori,  dimostrano come «l'opera di Bowie abbia influenzato e sia stata a sua volta influenzata da più ampi movimenti dell'arte, del design, del teatro e della cultura contemporanea».  

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Redazione GDA, 11 gennaio 2016 | © Riproduzione riservata

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