Ad Art Brussels si è venduto bene a piccoli prezzi

Giudizi positivi tra i galleristi italiani che hanno esposto nella 38ma edizione della fiera belga

Una veduta di Art Brussels 2022. Foto David Plas
Elena Correggia |  | Bruxelles

Tornata in presenza dopo la pausa forzata della pandemia, Art Brussels ha riscosso giudizi positivi fra i galleristi italiani (in tutto tredici), che esponevano dal 28 aprile al primo maggio nei luminosi spazi di Tour&Taxis. «Il giovedì tra opening e vernissage in fiera sono passate oltre 20mila persone, un record, e poi ogni giorno un flusso continuo di pubblico interessante», segnala Carlo Repetto di Repetto Gallery (Londra), che riconosce come le vendite siano state incoraggianti nel numero, ma solo tra le opere nella fascia di prezzo medio-bassa, tra 8mila e 20mila euro.

Tra i maestri proposti dallo stand hanno suscitato molta attenzione Giulio Paolini con i suoi collage (fra le vendite una «Sala d’Attesa» a 12mila euro) e poi le serigrafie su acciaio di Pistoletto, così come i libri di marmo di Mirella Bentivoglio (venduto uno a 8mila euro) e le ultime opere di Arcangelo Sassolino, fra cui una risma di carta, contorta e compressa da una morsa di acciaio, a 14mila.

Eduardo Secci (Firenze e Milano) ha partecipato sia con uno stand della galleria sia con Novo, il suo spazio sperimentale indipendente che proponeva un solo show di Bea Bonafini, di cui sono state vendute due opere su sughero (4mila euro ciascuna), mentre ci sono trattative per altre due opere di grandi dimensioni e un arazzo. «Per quanto riguarda la sezione principale della fiera stiamo intrattenendo discussioni molto concrete per il dipinto “Partitions (Q3-71#2)” di Jack Tworkov e il relativo studio su carta, una “Superficie bianca” di Castellani e “Coesistenza III”, una scultura del ’59 di Giò Pomodoro, spiega Arianna Iandelli, manager della galleria Eduardo Secci di Fireze e di Novo. Confermate invece le vendite delle tele di Joan Witek (70mila dollari, 66mila euro circa) e Joshua Hagler (25mila euro)».

È tornata dopo quasi una decina di anni di assenza la galleria Lia Rumma (Napoli, Milano), trovando una fiera cresciuta e che ha saputo adattarsi ai tempi. La direttrice della galleria, Paola Potena, afferma «qui il pubblico è colto e informato e può spesso vantare collezioni avviate da tempo. Se questo, da un lato, favorisce un rapporto di vendita, dall’altro fa sì che spesso sia necessario del tempo e una conoscenza più approfondita». Fra gli artisti proposti da Lia Rumma c’è stato particolare interesse per William Kentridge, ma anche per Ettore Spalletti, Gian Maria Tosatti e per l’egiziano Wael Shawky, ora in mostra con una personale al museo della vicina Lovanio.
«Untitled» (2019) di P. Vermeersch Cortesia dell'artista e P420. Foto Sebastiano Pellion di Persano
La presenza di un collezionismo privato preparato, prevalentemente di area locale, del Benelux, è stata osservata anche da Fabrizio Padovani, proprietario, insieme con Alessandro Pasotti, della galleria P420 (Bologna): «Siamo molto soddisfatti anche commercialmente di questa nostra prima partecipazione ad Art Brussels. Abbiamo venduto per la fascia bassa e medio-bassa di prezzo, innanzitutto facendo sold out per le quattro opere di Pieter Vermeersch, e poi vendendo lavori di Riccardo Baruzzi, Adelaide Cioni, June Crespo e un pezzo di Irma Blank».

Ha invece in corso una trattativa con un’istituzione olandese e due con privati di Bruxelles e di Anversa la Dep Art gallery di Milano, anch’essa alla prima edizione in presenza della manifestazione: «Negli ultimi anni la vendita immediata di opere oltre 50mila euro in fiera è diventata un fenomeno raro», afferma Antonio Addamiano, direttore della galleria, che nella sezione principale dedicava un solo show a Turi Simeti, una mini antologica con 17 opere dal 1961 al 2020. Fra i lavori spiccavano un collage con carte bruciate del ’61, da cui nacque l’idea dell’ovale come segno dell’artista, e un collage di tela su tela bianca del 1965 (96 ovali bianchi), uno dei più grandi della carriera di Simeti.

«Abbiamo proposto tre fra i nostri migliori pittori figurativi, Benedikt Hipp, Oscar Giaconia e Nicola Samorì e hanno ottenuto tutti un grandissimo interesse. Abbiamo concluso con collezionisti privati di Belgio, Germania e Irlanda», dichiara Paola Capata, direttrice della galleria Monitor (Roma, Lisbona, Pereto), che non partecipava alla manifestazione dal 2005. Fra i pezzi venduti da Monitor si segnala un trittico in onice di Samorì (25mila euro+Iva) e un importante lavoro del 2020 di Giaconia (12.500+Iva).

Ha infine conquistato alcuni nuovi clienti, collezionisti privati belgi, la galleria Noire di Torino. «Oltre agli ormai celebri artisti come Mel Bochner e Jonathan Monk, abbiamo avuto buone conferme soprattutto per le ultime tendenze, come l'artista Nika Neelova con le sculture della serie “Lemniscate”, realizzate quest'anno anche per il nuovo spazio londinese della maison Celine ed esposte al NewArt Centre in una personale (12-30mila euro), precisa Matteo Noire. Bene poi i dipinti a olio dell’americano Alex Sewell, con la loro dialettica fra memoria personale e identità collettiva della psiche americana (15-30mila). E ancora i lavori di Jay Ramier, che ha appena terminato una personale al Palais de Tokyo di Parigi».
Lo stand di Dep Art Gallery con la tela «96 ovali bianchi» di Turi Simeti

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