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A torso nudo di fronte alla fornace

Lidia Panzeri

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«A torso nudo di fronte alla fornace»: così Adolf Loos, fondatore del modernismo viennese, indicava il metodo per il rinnovamento delle arti portando a esempio Otto Wagner, che quando si metteva davanti a un fornace, anche solo per creare un bicchiere, usciva dalla pelle dell’architetto per entrare in quella di un artigiano qualsiasi

A conferma, come già proclamato dal movimento inglese Arts and Crafts, del venir meno di ogni distinzione tra arte e artigianato. Il vetro rappresenta una delle tante articolazioni in cui si esplicita questo assioma. Ne è una prova la mostra «Il vetro degli architetti. Vienna 1900-1937», allestita all’Isola di San Giorgio fino al 3 luglio, nuovo episodio della serie «Le stanze del vetro», organizzato in collaborazione con il Mak, il Museo d’Arti Applicate di Vienna, e la sua sezione di vetro e ceramiche, diretta da Rainald Franz, curatore della mostra, e dalla quale proviene la maggior parte delle oltre 300 opere esposte.

Quanto ai nomi ci sono quelli della Secessione Viennese, a cominciare da Josef Hofmann, che contamina il vetro con altri materiali tra cui il ferro e il legno, per proseguire, tra gli altri, con Koloman Moser e Adolf Loos, tutti a contatto diretto con la fornace per capire il segreto del vetro ma, nello stesso tempo, prefissarsi l’obiettivo ambizioso di perseguire un’arte totale che conciliasse artigianato e industria.

In Austria questa tendenza prende il nome di «Werkbund», in Inghilterra di «Liberty». Quello che rimane di questo utopico ideale di bellezza è il processo creativo evidenziato dalle foto che documentano la produzione, il design e le mostre, con un riscontro evidente anche sulla produzione vetraria veneziana.

Lidia Panzeri, 12 maggio 2016 | © Riproduzione riservata

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A torso nudo di fronte alla fornace | Lidia Panzeri

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