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Silvia Mazza
Leggi i suoi articoliSpecie arboree, suoni e immagini, odori, insieme con suppellettili e ceramiche da trasporto, da cucina e da mensa, a rievocare un «convivium» alla romana o un banchetto medievale, sono «apparecchiati» nella mostra «Nutrire la città. A tavola nella Palermo antica», allestita fino al 31 ottobre nel Museo Archeologico Antonino Salinas a cura di Francesca Spatafora, direttrice e infaticabile promotrice di eventi per un museo che, ancora interessato da un lungo restauro (il primo piano riallestito sarà inaugurato entro l’anno), non è mai stato così prolifico d’iniziative come in questi ultimi anni.
Il percorso si snoda dalle più antiche fasi preistoriche fino all’età dei viceré (nella foto una delle sale). Documenta, in particolare, la città fenicio-punica una selezione di vasellame utilizzato per i banchetti funebri, in cui ci sono ancora tracce dei resti dei pasti (gusci di uova, lische di pesce, ossa di volatili) consumati oltre 2.700 anni fa; mentre per la città romana suppellettili in vetro provenienti da Palermo e da altri siti della Sicilia occidentale, nonché pentole e vasi di bronzo rinvenuti in una lussuosa dimora scavata a Pompei agli inizi dell’Ottocento, i cui arredi furono donati al Museo di Palermo da Ferdinando II di Borbone nel 1831.
Tra i materiali esposti per la prima volta, ritrovato nel corso delle ricerche archeologiche condotte allo Steri e apparecchiato su un’ampia tavola, il pregiato servizio da mensa recante lo stemma dei Chiaromonte, utilizzato dalla potente famiglia aristocratica che, nel XIV secolo, costruì a Palermo la sua sontuosa dimora, o ancora le suppellettili utilizzate dai viceré che all’inizio del secolo successivo abitarono lo stesso Palazzo.
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