A PhEST l’universalità di «Essere Umani»
Inaugurato il festival internazionale di fotografia e arte di Monopoli. Ne parlano il direttore artistico Giovanni Troilo e la curatrice Arianna Rinaldo

Nato nel 2015 per portare musica, cinema, arte e soprattutto fotografia sul palcoscenico naturale di Monopoli, PhEST incarna lo slancio verso gli orizzonti coinvolti dal Mediterraneo. Prendendo come punto di partenza la conformazione della stessa Puglia, il suo protendersi verso l’esterno, l’altro e il nuovo, la rassegna si apre al mondo celebrando la gente, i luoghi e i pensieri che scandiscono la vita della comunità locale. «Negli anni, abbiamo mappato il territorio attraverso i miti dei suoi porti, la pesca, la realtà contadina e l’innovazione futuristica e tecnologica delle imprese pugliesi», spiegano il direttore artistico e la curatrice di PhEST, Giovanni Troilo e Arianna Rinaldo. Quest’anno, coinvolgendo 25 tra i fotografi internazionali più in vista sulla scena odierna, da «veterani» quali Jan Fabre, Koos Breukel e Gideon Mendel, ai nuovi sguardi di Tanya Tkachova, Glauco Canalis e Giulia Gatti, il festival cattura le sottigliezze dell’«Essere Umani» esplorando gli urgenti quesiti posti dall’avanzata dell’AI. Troilo e Rinaldo ci raccontano la nuova edizione di PhEST, da oggi nelle strade di Monopoli (fino all’1 novembre).
«See Beyond the Sea» (Ndr. guarda oltre il mare) è il motto che racchiude la filosofia promossa da PhEST. In che cosa consiste la vostra visione?
«See Beyond the Sea» guida ogni nostro pensiero e scelta: lo sguardo parte dal sud Italia per raccontare il mondo. L’occhio guarda l’orizzonte, oltre il mare, e attraverso il programma di mostre fitto ed eterogeneo, viaggia verso altri luoghi, geografici e mentali. Ci piace provocare, depistare con un’attenzione ossessiva alle proposte di allestimento, elemento chiave delle nostre iniziative. Lo sguardo creativo non si ferma alla superficie del racconto, ma va in profondità per superarsi. Così, compaiono luci fucsia e pomodori idroponici sospesi, gigantografie luminose di altezze ardite, immagini fluttuanti nel mare, bandiere svolazzanti ad accompagnare le evoluzioni degli skater più acrobatici e voci robotiche che scandiscono la nostra missione.
L’ottava edizione di PhEST fa il punto su cosa significa essere umani in un mondo sempre più intangibile. Quali osservazioni hanno delineato il tema di quest’anno?
La curatela prende spunto dalle parole chiave che si diramano a partire da «Essere Umani», spaziando tra tradizione e innovazione, nomi noti e artisti emergenti. Ogni edizione prevede la realizzazione di un’opera ispirata al territorio: quest’anno, il duo Caimi & Piccinni cattura l’umanità di Monopoli e dintorni con originale schiettezza. Ci interessa raccontare storie, stimolare discussioni, far emozionare. La fotografia ha un potere diretto di comunicazione con il nostro inconscio: ciascuno di noi legge un’immagine digerendola in base al proprio vissuto. Presentare storie visive sfruttando sequenze e contaminazioni (luci, suoni, parole, video, scenografie) intrise di significato è la via che PhEST ha scelto per creare connessioni. Dal Mediterraneo al mondo, da una foto all’altra, da un racconto all’altro.
Quali sono gli appuntamenti da non perdere?
Tanti degli eventi cardine si svolgono i primi tre giorni di PhEST. Abbiamo però scaglionato le attività con visite guidate e concerti che accompagneranno le mostre nelle loro diverse sedi per tutta la durata del festival. PhEST si è sempre distinto per la qualità dell’offerta musicale nelle sue giornate inaugurali e per le talk aperte a tutti nello spazio spettacolare e pubblico che è piazza Palmieri, suo cuore pulsante. Gratuite sono anche le letture portfolio, momento fondamentale per fotografi interessati a confrontarsi con professionisti del settore. L’aspetto umano dei festival nelle piccole città, dove il dialogo è facilitato da atmosfere accoglienti e ottime proposte gastronomiche, verrà evidenziato in appuntamenti che, pur distanziandosi dall’arte, avvicinano le persone. Un torneo di ping pong all’aperto sarà il pezzo forte in questo senso. Vogliamo che l’arte e la fotografia invadano le piazze, il mare e le menti.
Che cosa possiamo aspettarci dall’offerta fotografica di PhEST?
La selezione dei progetti è un dilemma che ci accompagna sin dall’apertura dell’edizione precedente di PhEST. In questo caso, a cogliere la nostra attenzione è stata, sì, l’attualità, ma soprattutto l’universalità; ciò che ci avvicina. «Essere Umani» parte da una riflessione sulle stagioni della vita: questo l’asse su cui si ergono una parte delle 30 mostre in visione, in cui esploriamo vizi, paure, gioie e dolori, la famiglia, la solitudine, la povertà, la sensualità, la criminalità, ma anche le proteste, la guerra, il cambiamento climatico e le disuguaglianze. Raccontiamo il passato, il presente e il futuro con riflessioni visive e autoriali sul fenomeno dell’intelligenza artificiale che sta invadendo le nostre vite, invitando il pubblico a riflettere insieme a noi.
Come amplierete la missione del festival in futuro?
PhEST vuole alimentare la nostra curiosità nei confronti del mondo, noi stessi e gli altri: propone visioni diverse, a volte provocatorie o contraddittorie, per renderci consapevoli del modo in cui interagiamo con ciò e chi abbiamo di fronte. Speriamo di poter continuare a farlo anche in futuro, sfidando la «gravità» e guardano le cose «sottosopra». Non diamo nulla per scontato e ogni edizione è, anche per noi, una sorpresa continua.