A Milano una nuova casa d'aste: Fondaco

Il suo programma: 2-3 vendite all’anno, poche opere e un mese di esposizione preasta

Umberto Savoia
Elena Correggia |  | MILANO

Dopo il successo della prima vendita di beneficenza a Bergamo nel dicembre scorso, con lavori che riproducevano opere dell’Accademia Carrara su teli di lino di alta qualità, il 7 luglio a Milano fa il suo debutto sul mercato la casa d’aste Fondaco, proponendo un incanto di grafica d’autore, arte moderna, contemporanea e arti decorative del ’900. Abbiamo incontrato il direttore Umberto Savoia (1979), da circa quindici anni attivo nel mercato dell’arte con collaborazioni presso case d’asta milanesi.

Perché chiamarsi «Fondaco»?
Questa parola, oggi in disuso, in Italia divenne importante dal Medioevo, specie a Venezia, dove sorgevano i fondachi più ricchi e vivaci. Si trattava di luoghi dove avveniva in modo regolamentato lo scambio delle merci che le navi portavano dall’Oriente o da altri Paesi. Qui i mercanti depositavano i propri prodotti, dalle stoffe ai metalli fino alle opere d’arte, talvolta alloggiavano nel fondaco e venivano assistiti da un sensale che favoriva le compravendite. Noi vorremmo ricreare lo stesso spirito di quei luoghi, prendendoci cura di chi desidera acquistare opere d’arte.

Vi definite casa d’aste + galleria, ma come vi posizionate fra gli operatori del mercato?

L’attuale sistema delle aste in Italia presenta storture che non condividiamo: penso soprattutto all’eccessivo numero di opere offerte, talvolta rappresentando i fondi di magazzino dei commercianti e che per un mercato così ristretto si trasformano in invenduti, falsando i risultati, così come all’eccessiva velocità imposta nel proporre vendite. Vogliamo seguire una strategia diversa, proponendoci come l’evoluzione delle gallerie di trent’anni fa: ovvero coltivare un rapporto di fiducia con il potenziale cliente, costruendolo nel tempo, senza fretta. Ad esempio, l’esposizione delle opere prima dell’asta dura circa un mese, con visione esclusiva su appuntamento e solo gli ultimi tre giorni saranno a ingresso libero. Questo non solo per le regole imposte dall’emergenza Covid-19, ma perché così possiamo seguire ogni cliente in modo dedicato permettendogli, se desidera, di ritornare nuovamente prima di prendere una decisione in piena consapevolezza. In ogni asta presenteremo un catalogo di opere selezionate, non numerose ma ben studiate, di provenienza privata. Vogliamo agire con trasparenza e i prezzi di riserva saranno contenuti entro le stime minime, secondo le buone regole di un tempo.

In questo periodo tutti hanno puntato sul web. Quale ruolo avrà internet per Fondaco?

Il web è un ottimo complemento e durante le nostre aste oltre alla partecipazione in sala (per ora fino a esaurimento posti, in base alle disposizioni previste per le esigenze sanitarie), accetteremo offerte online, anche tramite i principali portali tra cui Invaluable, Arsvalue, Bidspirit, ma anche via telefono e per iscritto. Tuttavia, per noi la tecnologia rimane un supporto, sarà centrale il rapporto vecchia maniera con il cliente e il «metterci la faccia». Si tratta di un investimento che richiede tempo e ci impone di fare meno vendite, al momento due o tre all’anno, ma siamo convinti che pagherà. Ci concentreremo sugli incanti di arte moderna e contemporanea, di arti decorative del ’900, di vetri, mentre l’arte antica sarà per ora affrontata solo con trattative private. Fra i servizi che offriamo, oltre ovviamente a stime e perizie, c’è anche l’assistenza al cliente per autenticare le opere, che è un dovere se si vogliono valorizzare sul mercato, così come nella richiesta di attestati di libera circolazione e nella gestione delle pratiche per le opere notificate.

Quali anticipazioni sull’asta del 7 luglio?

Innanzitutto un olio su tela di de Chirico, «Cavalli» del 1961-62, stimato 80-100mila euro e una serie quasi completa di serigrafie di Andy Warhol, ovvero 9 su 10 esemplari in cartella originale di «Ladies and Gentlemen» del ’75 (20-25mila). Ci sono poi quattro tele astratte di Dorazio, in corso di autenticazione presso il suo archivio, e due opere di Agostino Bonalumi: un olio su tela figurativo dei primi anni ’50 autenticato (2.500-3.500) e un lavoro spazialista «Bianco», tela estroflessa del 1986 (30-35mila). Da segnalare una «Natura morta con aringhe» (1947) di Renato Birolli, che guarda a Picasso e a Matisse (16-18mila) e «Due in uno», una carta di Minjung Kim, artista coreana contemporanea in ascesa (3.500-4.500).

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