A Milano c’è un LOFT

Dalla pluriennale esperienza della Galleria Fumagalli nasce un progetto aperto alla sperimentazione e, perché no, anche al rischio

Annamaria Maggi e Massimo Zanello. Foto©LucreziaRoda
Ada Masoero |  | Milano

Carla Accardi, Giovanni Anselmo, Agostino Bonalumi, Lawrence Carroll, Enrico Castellani, Pietro Consagra, Jannis Kounellis, Kenneth Noland, Dennis Oppenheim, Gianfranco Pardi, Giò Pomodoro, Giuseppe Uncini, Gilberto Zorio: sono solo alcuni dei nomi che affiorano alla mente quando si parla della Galleria Fumagalli. Con loro, fanno parte della galleria numerosi artisti delle generazioni successive: tutti nomi consolidati, però, già passati al vaglio della critica e del mercato. Appena dopo la conclusione del ciclo di mostre «MY30YEARS», a cura di Lóránd Hegyi, che festeggia i trent’anni di direzione di Annamaria Maggi della Galleria Fumagalli (fondata a Bergamo nel 1971), la galleria stessa si rinnova, e apre una nuova linea di ricerca dedicata ad artisti giovani (ma non solo: «non importa che siano giovani o no, anche se la maggioranza lo sarà: l’importante è che sia giovane il progetto», precisa Maggi), italiani e internazionali, e attivi in ambiti diversi della creatività, dal design alla moda, dalla videoarte alla performance, dall’audio all’architettura.

Per realizzarla, è stato creato il progetto LOFT–Light On Future Topics, un’area autonoma della galleria con un proprio marchio e una propria identità grafica (dello studio FluDesign). Ne parliamo con Annamaria Maggi e con Massimo Zanello, da anni al suo fianco nella guida della galleria e oggi ideatore di questa nuova area d’indagine. «Perché abbiamo creato LOFT? Perché ho capito che c’era bisogno di un’attività di questo tipo, spiega Zanello. In questo modo ci sentiremo più liberi di agire, di sperimentare, di rischiare, anche di sbagliare, tutelando al tempo stesso l’identità della Galleria Fumagalli, che ha sempre trattato grandi maestri. Lo spazio fisico resta lo stesso, però nel corso dell’anno si alterneranno mostre firmate Fumagalli e mostre firmate LOFT, e qui avremo grande libertà di fare le cose che ci incuriosiscono».

Per quest’avventura i due galleristi hanno voluto al loro fianco un comitato scientifico di figure esperte nei nuovi ambiti di ricerca: la curatrice e art sharer Maria Vittoria Baravelli, lo style director di Sanlorenzo e critico teatrale Sergio Buttiglieri, il fashion consultant e brand strategist Massimo Monteforte e il regista Marco Pozzi. Si inizia il 13 settembre con la mostra «Non perdere il sentiero per via degli alberi» (fino al 13 ottobre; a cura di Maria Vittoria Baravelli), ideata da Massimo Zanello, dal giovanissimo artista Luigi Pensa e da Annamaria Maggi. La mostra riunisce i lavori di Luca Boffi (1991), Hisayuki Amae (1974), Clara Cebrián (1991), Luigi Pensa (2001) e Costanza Starrabba (1995), che per quest’occasione hanno realizzato anche un’installazione corale. «Una mostra forte, dirompente, che creerà un giardino in galleria» accenna Maggi, che aggiunge: «in questi anni abbiamo lavorato anche con artisti giovani ma abbiamo capito che le persone non venivano qui a cercare loro. Ora possiamo dar loro uno spazio in cui siano protagonisti».

Ma soprattutto, ammette Zanello, «ci mancavano le emozioni del riflettere e ragionare con gli artisti, delle serate passate con loro a pensare la prossima mostra, della condivisione quotidiana e personale, che è sempre stata la cifra della Galleria Fumagalli. Purtroppo, molti di quei maestri non ci sono più. LOFT, dunque, è una storia che ricomincia. Ed è questo il forte legame tra il “prima” e il “dopo”, fermo restando che i maestri restano insostituibili e che saranno i protagonisti delle mostre Fumagalli» (a gennaio è prevista una personale di un maestro del minimalismo americano assente dall’Italia dagli anni ’80, NdR). «Quelle sui nuovi creativi, conclude Zanello, sono scommesse che facciamo volentieri, senza alcuna intenzione speculativa (la previsione di rientro non è certo a breve) ma ci piace l’idea di dire la nostra su un’arte che oggi è così incerta sulla strada da prendere. Ci siamo buttati nella mischia rischiando un po’, ma con l’ambizione di avere qualcosa da dire».

© Riproduzione riservata La curatrice e art sharer Maria Vittoria Baravelli
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