A Eataly il cibo non basta: il piatto forte a Verona è l’arte

Dopo progetti anche di Mario Botta e qualche polemica, si inaugura nella grandiosa Stazione frigorifera degli ex Magazzini generali una nuova sede della catena, chiamata E.ART.H, cioè Art House

La «rotonda» ai magazzini generali per Earth Verona
Camilla Bertoni |  | Verona

Un’archeologia industriale degli anni ’30 dalle caratteristiche uniche, la dismissione negli anni ’60, la rinascita culturale dei ’90 con l’associazione Interzona (Premio Ubu nel 2000), il passaggio di proprietà nel 2003 dal Comune alla Fondazione Cariverona, un’archistar come Mario Botta per il restauro, progetti sognati e ambizioni abbandonate: sono gli elementi di una storia che ha inizio nel 1929 e che ha visto una coda ventennale di discussioni, ipotesi e aspettative. È il momento della tanto attesa riapertura, il 5 ottobre, della Stazione frigorifera specializzata degli ex Magazzini generali alla Zai di Verona.

L’edificio a pianta centrale con una cupola di 24 metri di diametro, un tempo con una piattaforma centrale rotante per lo stoccaggio dei vagoni ferroviari in ambienti refrigerati radiali, non sarà il polo culturale che aveva immaginato il sindaco Paolo Zanotto, in carica dal 2002 al 2007. Non sarà nemmeno un auditorium, del quale a un certo punto aveva fantasticato Cariverona insieme al Comune e a Botta.

Sarà una nuova sede di Eataly che ha voluto destinare una vasta parte di questi affascinanti ambienti, con oltre 12mila metri quadrati di superfici, a un progetto dove commercio e cultura si sposano e dove, nell’Art Market, le arti contemporanee si alternano all’offerta di cibo selezionato secondo la filosofia del fondatore Oscar Farinetti. Ma ci sarà anche un’Art House, una sorta di Kunsthalle con ingresso a pagamento.

«L’obiettivo è di avvicinare all’arte un pubblico più vasto in uno spazio non convenzionale, ma anche di favorire la nascita di un giovane collezionismo con opere da 200 a 20mila euro»: a spiegarlo è Chiara Ventura, responsabile del progetto culturale voluto da Eataly il cui nome è E.ART.H: fondazione senza scopo di lucro, l’acronimo unisce Eataly Art House alludendo anche al rispetto per il pianeta, «centrale, sottolinea Ventura, nella filosofia di Eataly e di Green Pea, ultimo progetto di Farinetti dedicato alla sostenibilità. Se il loro obiettivo è quello di esportare la cultura del cibo italiano di qualità e di prossimità, quello di E.ART.H è di portare questo format nel mondo dell’arte, partendo dalla revisione, soprattutto dopo la pandemia, di modelli basati più sulla competizione che sulla cooperazione. Consapevoli di entrare in una città che ha una storia importante e delle aspettative su questa apertura, il consistente investimento è messo in atto con grande attenzione rispetto all’architettura in cui andiamo a inserirci».
Una veduta della mostra di Ibrahim Mahama «Voli-Ni» (2022), Verona, Eataly Art House
Un investimento che riguarda anche l’area verde di cinque ettari che ricoprirà il parcheggio interrato a cinque piani e che si vuole diventi parte integrante della progettazione culturale e di intrattenimento per famiglie. Rimaste senza risposta le critiche in relazione allo svuotamento di significato della «rotonda» rivolte in passato per l’eliminazione di segni e arredi della sua funzione originaria, come binari, macchinari e rivestimenti metallici del famoso «cellone», oggi si parte da dove Botta è arrivato.

Una parte delle macchine industriali sono state musealizzate in una delle stanze a piano terra dove sarà raccontata, anche grazie alle fotografie di Gabriele Basilico a suo tempo commissionate da Cariverona, e con il supporto di progetti didattici, la storia della Stazione frigorifera specializzata più grande d’Europa. Previste anche aule didattiche, una sala convegni e una libreria specializzata.

Sotto la grande cupola, dove si trovava la piattaforma rotante, la grande fucina per la ristorazione, snodo di tutto il magazzino, con il forno a legna per la pizza, i fornelli, le griglie a brace e il bar: per non «inquinare» visivamente la meravigliosa cupola e per non inquinare tout court, l’architetto Thomas Bartoli, responsabile Design e Construction di Eataly che ha curato gli allestimenti «in equilibrio tra piacevolezza e funzionalità», ha cercato una via di fuga delle emissioni verso il basso, con un sistema per abbattere l’uscita di grassi e polveri nell’aria.

«Già coinvolti una quindicina di galleristi, spiega Ventura, siamo in dialogo con collezionisti per lo sviluppo di altri progetti e per il premio a favore dell’arte emergente sul tema della biodiversità [a cura di Treti Galaxie, il bando online scade il 30 ottobre, Ndr], il tutto coordinato da un comitato scientifico composto da Walter Guadagnini, Eva Brioschi e Gaspare Luigi Marcone». Alta, sulla base dell’esperienza di Eataly, l’attesa di clienti liberi di fruire anche dell’Art Market nelle gallerie radiali a piano terra dove, tra un settore alimentare e l’altro, saranno in vendita opere che compongono un percorso di arte italiana dal 1950 a oggi e di fotografia, con una selezione dalle collezioni Magnum, mentre «Futures», con cinque giovani autori, deriva da un progetto europeo ed è realizzata in collaborazione con Camera di Torino.

Al piano superiore l’Art House, i cui numeri di affluenza saranno invece una scommessa: «Qui abbiamo scelto (fino a gennaio, Ndr) due artisti viventi, in sintonia con i nostri valori, spiega ancora Chiara Ventura, come Ibrahim Mahama, impegnato per il suo Paese, il Ghana: restituendo nuova vita a oggetti abbandonati che rappresentano il simbolo di un fallimento, dà un messaggio forte e ottimista; e Anton Corbijn, icona della fotografia, che torna in Italia dopo 18 anni con una selezione di opere dal 1977 e due serie inedite: una grande occasione».

Leggi anche l’intervista a Walter Guadagnini su E.ART.H

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