A Cesena la macchina da scrivere più piccola del mondo

Dalla Taurus all’Apple 1, dal primo tweet al primo messaggio di Wikipedia, all’Nft di Novecento di Baricco: la nascita di un nuovo collezionismo a «C’era una volta... il libro»

La macchina da scrivere «Taurus»
Elena Correggia |  | Cesena

Può stare nel palmo di una mano e oggi se ne contano solo dodici esemplari. La macchina per scrivere più piccola al mondo si chiama Taurus e venne prodotta e venduta a Milano nel 1908 dalla Torrani, società specializzata in apparecchi fotografici.

Questa e altre rarità sono visibili a Cesena Fiera il 19 e 20 febbraio alla decima edizione della mostra mercato «C’era una volta... il libro». Una trentina di macchine per scrivere provenienti da tutto il mondo, risalenti al 1880-1920 sono presentate nell’esposizione collaterale «Quando la mano declinò sul tasto», curata dal collezionista e giornalista Cristiano Riciputi.

«Oltre al primato delle dimensioni contenute, la Taurus vantava la capacità di eseguire le didascalie delle foto con l’inserimento di apposite striscioline di carta, spiega Riciputi. Tuttavia, poiché fu realizzata con una lega di metallo piuttosto fragile, il modello ebbe un successo limitato».

In mostra anche una Crandall New Model del 1886, considerata fra le più belle macchine per scrivere per le decorazioni dorate e gli intarsi in madreperla, una Lambert, prodotta negli Stati Uniti a fine Ottocento e somigliante al disco di un telefono, e la Chicago 3 del 1903, che possiede la peculiarità delle bobine con nastri in verticale: «una macchina ambita dai collezionisti, del valore fino a qualche migliaia di euro se completa di valigetta, commenta Riciputi, che rivela anche una curiosità, le tastiere anglosassoni di fine XIX secolo avevano già la @ oggi utilizzata per la posta elettronica. All’epoca era un simbolo commerciale, l’abbreviazione di “at price of”».

L’inizio dell’era della scrittura meccanica risale al 1872, quando la ditta statunitense Sholes and Glidden avviò la costruzione di macchine per scrivere in serie. «Possedere una Sholes and Glidden rimane un mio sogno nel cassetto, confessa il collezionista, è un’icona storica e per le più antiche e decorate, di cui si conoscono poche decine di esemplari, il valore in asta può superare i 40mila euro». In Italia a raggiungere cifre importanti è anche un altro marchio storico assai apprezzato, Olivetti, di cui a Cesena sono esposti i primi due modelli, la M1 e la M20.

«La Olivetti più ricercata è la prima, la M1, ideata da Camillo Olivetti nel 1912 e dalla meccanica assai complicata, aggiunge Riciputi. In base alle condizioni di conservazione, in asta può spuntare da qualche centinaio fino a 5-7mila euro, cifre che raggiunge soprattutto se dispone anche di copertura meccanica e libretto di manutenzione. La Lettera 22, resa celebre da Montanelli, pur se prodotta in milioni di esemplari, continua a essere collezionata e conserva un valore intorno ai 100 euro se ben tenuta e comprensiva di scatola».

Fra i modelli più recenti è da ricordare la Olivetti Valentine, disegnata da Ettore Sottsass e prodotta in quattro colori: la rossa, versione preponderante, vale intorno a 150-200 euro, più rara la bianca e ancor di più la blu e la verde, destinate al mercato estero, arrivano a costare anche mille-2mila euro.

Dai tasti di una Olivetti a quelli del pc il passo è breve. Se fu proprio l’azienda di Ivrea a inventare il «Programma 101», precursore del personal computer, il collezionismo tratta già come un idolo l’Apple 1, il primo computer realizzato da Steve Jobs e Steve Wozniak nel 1976. Un esemplare ancora funzionante e con tastiera in un raro legno hawaiano è stato venduto dalla casa d’aste californiana John Moran Auctioneers nel novembre 2021 per 400mila dollari. Un buon investimento, se si pensa che il precedente proprietario l’aveva acquistato all’epoca per 650 dollari.

La passione per bit e scrittura ha raggiunto anche l’ultima frontiera del collezionismo, quella degli Nft. Il primo messaggio pubblicato il 15 gennaio 2001 sull’enciclopedia online Wikipedia, dal suo cofondatore Jimmy Wales, un «Hello, World!» destinato a passare alla storia del web, è stato venduto in forma di Nft nel dicembre scorso da Christie’s in un’asta online per 750mila dollari.

Anche i social network cominciano a volersi celebrare, il primo tweet pubblicato il 21 marzo 2006 dall’amministratore delegato di Twitter, Jack Dorsey, trasformato in un Nft, esattamente 15 anni dopo, è stato conteso su Valuable e poi aggiudicato per 2,9 milioni di dollari dall’imprenditore della blockchain Sina Estavi.

La rivoluzione digitale ha contagiato anche il mondo letterario, sulla piattaforma OpenSea in marzo, Alessandro Baricco sarà il primo scrittore italiano a mettere in vendita una sua opera come Nft. Si tratta del celebre monologo Novecento, proposto in versione file audio certificato. Forse un altro modo di scrivere (e di collezionare) è appena cominciato.

© Riproduzione riservata
Altri articoli di Elena Correggia