­Nella Sala del Colosso «blu Accademia»

La direttrice Cecilie Hollberg prosegue il riallestimento della Galleria dell’Accademia di Firenze con la sala della terracruda di Giambologna

La Sala del Colosso riallestita alla Galleria dell'Accademia di Firenze. Foto Guido Cozzi
Laura Lombardi |  | Firenze

Procede ora a passi spediti la riapertura delle sale della Galleria dell’Accademia, dopo i lavori architettonico-strutturali che hanno riguardato dall’ottobre 2020 l’intero museo, con nuova illuminazione e climatizzazione delle sale, adeguamento degli impianti e riallestimento delle sale.

Dopo aver dunque riaperto le sale dedicate al Duecento e Trecento, quasi a ruota, la direttrice Cecilie Hollberg ha svelato oggi (accogliendo i giornalisti nella sala buia che si illumina progressivamente) la «Sala del Colosso», quella che inaugura l’itinerario di visita e che prende il nome dal gruppo al suo centro, la terracruda del «Ratto delle Sabine» di Giambologna.

Sullo sfondo di pareti d’un «blu Accademia», come Hollberg ha battezzato la tonalità scelta dopo lunghe prove, si stagliano dipinti quattro e cinquecenteschi, gli stessi che già erano in quello questo spazio, ma che trovano ora maggior leggibilità grazie alla nuova illuminazione (con l’utilizzo di tecnologie di ultima generazione a Led) e alla nuova disposizione, scelta di concerto con lo staff curatoriale del museo e con Carlo Falciani, esperto di pittura del Cinquecento.

Maggior respiro alle opere è offerto inoltre dalla scelta di disporne alcune di linguaggio più arcaico e di minor formato, tra cui troneggia il celebre cassone dello Scheggia, in una piccola sala adiacente, di solito destinata al percorso delle mostre temporanee.

Nel corso dei lavori seguiti dall’architetto Claudia Gerola, che hanno riguardato anche il soffitto a capriate, quasi tutte le opere, eccetto tre, sono state spostate dalla sala, e di tutte è stato valutato lo stato di conservazione, secondo un piano coordinato dalla direttrice e dal funzionario restauratore della Galleria, Eleonora Pucci.

Veri e propri restauri hanno riguardato la «Resurrezione di Cristo» di Raffaellino del Garbo (compresa la sua cornice) e il «San Vincenzo Ferrer», tempera su tavola di Giovan Francesco da Rimini. Notevoli anche i restauri di preziose cornici di altri dipinti di grandi dimensioni come quella della «Madonna del mare», attribuito a Sandro Botticelli, quella del tondo della «Madonna col Bambino, san Giuseppe e san Giovannino» di Franciabigio e della «Adorazione del Bambino con due angeli e san Giuseppe» di Lorenzo di Credi.

«Nel nuovo allestimento abbiamo cercato di seguire criteri sia linguistici che tematici, spiega Carlo Falciani, cercando di operare un bilanciamento tra coerenza stilistica e dimensionale in modo da permettere una lettura più armonica e pausata di una collezione varia riunita in uno spazio unico. In questo modo il visitatore, entrando nella sala, può avere un’impressione armonica dell’insieme, con dei punti focali sulle quattro pareti, ma anche avvicinandosi alle opere può trovare, laddove possibile, dei "corner" tematici, per esempio le opere più arcaiche (Jacopo del Sellajo, Francesco Botticini e Cosimo Rosselli), quelle più moderne  (Perugino, Ghirlandaio, Botticelli e Filippino Lippi) e altre riferite alla Scuola di san Marco e alla prima "Maniera Moderna" (Albertinelli, Granacci e Franciabigio)».

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