È morta Irma Blank, l’artista del sospiro

Scomparsa oggi a 89 anni Irma Blank. A darne il triste annuncio la sua galleria italiana, P420 di Bologna, che scrive un dolce e semplice «Ciao Irma»

Irma Blank nello studio di via Saffi a Milano nel 1977. Foto: Maria Muas
Redazione |

Se ne è andata oggi Irma Blank. Nata a Celle, in Germania, nel 1934, Irma Blank si è trasferita in Italia negli Cinquanta dapprima in Sicilia e poi a Milano, ed è stata una delle voci più coerenti e continua dell’arte contemporanea. La sua scrittura, ripetuta e quasi ossessiva, da testuale è divenuta un mantra sempre più forma, sempre più «radicale» («radical writings» è il titolo di uno sei più importanti cicli di opere), come il respiro. Ecco perché a spegnersi oggi non è solo l’artista, ma il continuum che questo suo lavoro sempre uguale e sempre diverso rappresentava per l’arte mondiale.

Riproponiamo qui un suo testo del 2001 dal sito web della sua galleria, P420 di Bologna.

«Verso la fine degli anni ‘60, dopo un lungo travaglio esistenziale e creativo, in un clima di sperimentazione linguistica, per sfuggire alla labilità e all’ambiguità della parola, ritorno al segno in sé, all’Urzeichen, al segno primordiale, indifferenziato, che precede la parola. È un ricominciamento, un portare lo sguardo verso l’inizio. All’Ursprung. Un gesto scritturale puro. Energia comunicativa primeva che si disciplina e si concretizza in segno che nel suo svolgersi rituale è scrittura, è scrizione (Barthes), spoglia la scrittura del senso per caricarla di altre valenze. Salvo la scrittura dall’asservimento al senso: scrittura purificata dal senso. Ritorno al punto zero, lo zero semantico, il vuoto semantico: il silenzio come fonte germinativa. Restituisco l’autonomia al segno, al corpo della scrittura, per dare voce al silenzio, al vuoto. Ai pensieri non pensati. Scrittura non legata al sapere, ma all’essere. La scrittura è la casa dell’essere.

Libero la scrittura dal senso e metto in evidenza la struttura, l’ossatura, il segno nudo, il segno come tale che non rimanda ad altro che a se stesso. Rimanda al serbatoio energetico, alla spinta iniziale, la spinta sorgiva, al desiderio di rivelarsi, di uscire dal luogo della notte, segreto, chiuso. Traccia di pura energia. E’ la parte portante, la parte perenne, universale, non piu’ legata a nessuna lingua in particolare. Scrittura non verbale, scrittura che rimane in silenzio, verità originaria. La scrittura diventa immagine, manifestazione dell’essere, dell’esser-ci, nell’assolutezza senza forma. Un testo aperto. Un testo per tutti. Per coloro che sanno leggere e per quelli che non sanno leggere. Faccio slittare il testo dalla letteratura alle arti visive. Intanto anche nel mondo che ci circonda l’immagine tende a sostituire la parola. Invasivamente. La televisione e la pubblicità ne sono esempio. Scrittura, luogo di perdizione e di ritrovamento».

Contenuto in aggiornamento.

© Riproduzione riservata Avant-testo. Courtesy Galleria P420, Bologna Installazione alla Quadriennale di Roma 2020. Courtesy: Quadriennale® Courtesy Galleria P420, Bologna
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