NOTIZIE IN BREVE GIORNO PER GIORNO NELL'ARTE | 8 GENNAIO 2024

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LUNEDÌ 8 GENNAIO 2024

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«La Grande vague» (1857), di Gustave Le Gray, scatto esposto a Parigi, alla Bibliothèque Nationale de France, ancora sino al 21 gennaio

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Ritirato dall’asta di Sotheby’s il ritratto di Isabella di Borbone di Velázquez da 35 milioni di dollari

Il ritratto di Diego Velázquez di Isabella di Borbone, regina di Spagna e prima moglie di Filippo IV, è stato ritirato da Sotheby’s New York dall’asta di dipinti antichi programmata per il primo febbraio a causa di «discussioni in corso» da parte dei venditori, un trust familiare privato negli Stati Uniti che possiede l’opera dal 1978. Nessun commento da parte della casa d’aste sulle voci secondo cui un museo statunitense potrebbe aver presentato un’offerta: il dipinto, datato alla fine del 1620, era stato garantito da Sotheby’s per circa 35 milioni di dollari. L’opera è stata tacitamente ritirata prima della pubblicazione del catalogo online il 21 dicembre. In un comunicato, la casa d’aste dichiara che i venditori «hanno deciso a malincuore di sospendere temporaneamente il mandato di vendita, a causa di discussioni in corso da parte loro». Nonostante ciò, e «visto l’entusiasmo con cui il Velázquez è stato accolto finora», Sotheby’s ha dichiarato che sia la casa d’aste sia i venditori «non vedono l’ora di mettere in vendita questo eccezionale dipinto nel prossimo futuro». La maggior parte dei dipinti di corte di Velázquez sono conservati in collezioni reali o museali e il prezzo di 35 milioni di dollari, più del doppio dell’attuale record d’asta di 16,9 milioni di dollari per il pittore spagnolo del XVII secolo, riflette questa rarità e le ottime condizioni del dipinto. 
 

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Riaperto in Grecia dopo il restauro il sito del palazzo di Filippo II di Macedonia, padre di Alessandro Magno

Domenica 7 gennaio in Grecia ha riaperto al pubblico il sito archeologico del palazzo di Aigai. Era la residenza costruita 2.300 anni fa dal re Filippo II di Macedonia, il padre di Alessandro Magno, ed è dove il celebre condottiero venne incoronato re, prima di partire per le sue conquiste militari in Asia. Il sito, che negli ultimi 16 anni è stato sottoposto a un grande restauro, si trova vicino a Verghina, una cittadina con meno di 3mila abitanti nel Nord del Paese, che tra l’VIII secolo e il 399 a.C. fu la prima capitale del regno di Macedonia. Il sito archeologico rinnovato è stato inaugurato venerdì dal primo ministro greco Kyriakos Mitsotakis, che lo ha visitato con la guida di Angeliki Kottaridi, l’archeologa che ha ideato il nuovo museo di Aigai aperto un anno fa, e che ha guidato i lavori di restauro. I resti del palazzo di Aigai e le vicine tombe fanno parte del patrimonio culturale dell’Unesco. Il loro restauro è stato finanziato con 20,3 milioni di euro, in parte stanziati dall’Unione Europea. Le vestigia coprono una superficie di circa 15mila metri quadrati: ai tempi dell’antica Grecia era la costruzione più grande della regione, che venne poi distrutta dai Romani. I resti del palazzo furono scoperti a partire dal 1855 e negli anni Settanta del Novecento l’archeologo Manolis Andronikos scoprì poco distanti le tombe reali della dinastia macedone, compresi i presunti resti di Filippo II. [Il Post]
 

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Tornano insieme al Museo di Melfi i sarcofagi imperiali di Atella e Rapolla

È stata inaugurato al Museo Archeologico «Massimo Pallottino» di Melfi (Potenza) il nuovo allestimento «Capolavori in rilievo: i sarcofagi di Atella e Rapolla. Il dialogo continua». I due capolavori in marmo greco del I secolo a.C., per secoli divisi ed esposti in due musei, a Melfi quello di Rapolla e al Mann-Museo Archeologico Nazionale di Napoli quello di Atella, sono così riuniti uno accanto all’altro al Museo di Melfi. Il sarcofago di Atella, trovato nella zona del Vulture nel 1740 e decorato con il mito di Achille a Sciro, è stato dato al Museo di Melfi come prestito a lungo termine dal Mann. Anche il monumento funerario di Rapolla fu ritrovato non lontano da Melfi, sulla via Appia, nel 1856. 
 

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L’Intelligenza Artificiale conferma i sospetti degli studiosi: il san Giuseppe della «Madonna della Rosa» del Prado non è di Raffaello

L’Intelligenza Artificiale contribuisce a sciogliere il mistero che avvolge da molto tempo la «Madonna della Rosa», un dipinto del 1518-20 circa, attribuito a Raffaello e conservato al Museo del Prado di Madrid: un algoritmo messo a punto da un gruppo di ricercatori dell’Università britannica di Bradford ha stabilito che la figura di san Giuseppe presente sulla sinistra del quadro non è opera dell’artista, come alcuni sospettavano fin dalla metà dell’Ottocento. Secondo gli autori dello studio, pubblicato sulla rivista Heritage Science, l’IA potrà affiancare gli esperti d’arte in futuro, aiutandoli senza sostituirli nel complicato processo di autenticazione di un’opera, che obbliga a considerare molti aspetti contemporaneamente, dalla provenienza ai pigmenti utilizzati fino alle condizioni in cui si trova. 
 

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Il Mann di Napoli chiude il 2023 con oltre 550mila visitatori: +25% rispetto al 2022

Nel 2023 al Mann-Museo Archeologico Nazionale di Napoli sono stati registrati oltre 550mila visitatori: il trend di presenze è in crescita di circa il 25% rispetto al 2022, quando al Mann vennero staccati 441mila biglietti. L’anno appena trascorso è stato segnato dall’inaugurazione del nuovo allestimento della Sezione Campania Romana, che presenta oltre duecento reperti in sale non risultate fruibili negli ultimi quarant’anni. Lo scorso novembre è stata avviata la fase esecutiva del restauro del Mosaico di Alessandro: il cantiere è oggi visibile al pubblico. Si lavora alacremente anche nei depositi: nei sotterranei denominati «Cavaiole» fervono le attività di catalogazione e risistemazione degli innumerevoli manufatti custoditi. «Il 2024 inizia con ottimi auspici per il Museo e per la città: la programmazione di eventi culturali di qualità e la valorizzazione delle collezioni storiche permetteranno di costruire un dialogo sempre più stretto con cittadini e turisti. Speriamo che il 2024 ci premi, facendo archiviare definitivamente la battuta di arresto determinata dal Covid», ha commentato il direttore generale dei Musei del Ministero della Cultura, Massimo Osanna. 
 

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Dreweatts si aggiudica la vendita della collezione dell’artista argentino Pablo Bronstein

La casa d’aste britannica Dreweatts è stata scelta per la vendita della collezione privata dell’artista argentino Pablo Bronstein (1977), riconosciuto a livello mondiale per le sue installazioni, i disegni e i dipinti, esposti al Metropolitan Museum, al Pompidou, al V&A e alla Tate Gallery. La sua raccolta sarà messa all’asta domani 9 gennaio. Proveniente dalla sua eclettica casa britannica situata nella contea del Kent, comprende una serie di mobili, oggetti di decorazione e dipinti antichi. Joe Robinson, responsabile della vendita di Dreweatts, descrive i suoi interni come «un’installazione vivente, una visione domestica della sua estetica artistica caratterizzata da colore, atmosfera e autenticità. La passione di Bronstein per la storia e le forme architettoniche è visibile in tutta la collezione, che offre agli acquirenti l’opportunità di ottenere alcuni pezzi che potrebbero adattarsi a uno spazio contemporaneo così come a uno più tradizionale». 

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301.449 visitatori al Centre Pompidou-Metz nel 2023 (+35,4%)

Con 7 mostre, 5 installazioni e politiche innovative per tutti i tipi di visitatori, nel 2023 il Centre Pompidou-Metz, nel Nord-Est della Francia, ha fatto registrare 301.449 visitatori, con un aumento del 35,4% rispetto al 2022 e in linea con il 2019. Il 2023 al Centre Pompidou-Metz è stato caratterizzato  da due indicatori chiave, al centro della strategia e della visione del museo: un ringiovanimento medio di 10 anni dei visitatori del museo e il ritorno dei visitatori stranieri, con un 20% di presenze provenienti dall’estero. Tra le mostre tenute nel museo, la retrospettiva «Suzanne Valadon. Un monde à soi», presentata dal 15 aprile all’11 settembre, ha riscosso un notevole successo, con 121.472 visitatori. 
 

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378mila visitatori alla Collezione Guggenheim

Il 2023 si è chiuso per la Collezione Peggy Guggenheim di Venezia con un’affluenza di oltre 378mila presenze durante i 315 giorni di attività, con una media giornaliera di 1.200 ospiti. Il museo veneziano ha chiuso così l’anno pressoché in pari con il 2022. A questa cifra si aggiungono oltre 5mila persone che hanno visitato la collezione in occasione di inaugurazioni, eventi istituzionali, corporate e privati, e oltre 10mila partecipanti ai Public Programs, ai Kids Day, ai programmi di accessibilità, alle visite legate al progetto «A scuola di Guggenheim». 
 

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Joanna Lumley al Rijksmuseum racconterà Frans Hals

L’attrice britannica Joanna Lumley, celebre per il suo ruolo nella serie televisiva della Bbc «Absolutely Fabulous» ma già negli anni Settanta per la serie tv storica «The New Avengers», sarà la voce della narrazione online per il Rijksmuseum di Amsterdam intitolata «Frans Hals: Strokes of Genius» («Frans Hals: colpi di genio»). Questa iniziativa sarà lanciata sul sito web del Rijksmuseum in concomitanza con l’apertura della mostra su Frans Hals il prossimo 16 febbraio. Grande appassionata di dipinti olandesi del Secolo d’Oro e del Rijksmuseum, Lumley non ha esitato un attimo quando le è stato chiesto di partecipare alla mostra. Ha dichiarato: «È una mostra assolutamente favolosa, che non mi perderò di certo». 

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Il 2024 della Mole Vanvitelliana di Ancona

Alla Mole Vanvitelliana di Ancona il via alle grandi mostre, ideate da Vittorio Sgarbi, è stato già dato, nonostante i lavori in corso, che hanno comportato difficoltà e rinunce. L’inizio, grazie all’esposizione «Dal futurismo all’Informale, capolavori nascosti nelle collezioni del Mart» è positivo, come sottolinea l’assessore alla cultura Anna Maria Bertini: «La mostra sta andando molto bene. Abbiamo avuto fino a cento visitatori al giorno. E questo senza ancora la pubblicità dell’evento, che però comincerà dal 18 gennaio, coinvolgendo testate locali e nazionali, oltre ai social».  A maggio sarà la volta di una rassegna su Luigi Serafini (inaugurazione l’8), mentre si lavora alla costituzione del comitato scientifico che si occuperà della mostra sul Rinascimento Adriatico, in programma nel 2025. [Il Resto del Carlino]
 

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Mostre che chiudono: Alla Bibliothèque Nationale de France 300 scatti delle collezioni illustrano la storia della fotografia «noir et blanc»

È una storia della fotografia in bianco e nero quella che racconta la Bibliothèque Nationale de France (Bnf) in una mostra che fino al 21 gennaio riunisce 300 scatti circa (di oltre 200 artisti), tutti attinti dalle collezioni dell’istituzione parigina. Sono immagini di Man Ray, Ansel Adams, Willy Ronis, Diane Arbus, Helmut Newton, Mario Giacomelli, Robert Frank o ancora Valérie Belin, solo per citarne alcuni. La mostra, dal titolo «Noir & blanc. Un’estetica della fotografia», è presentata dalla stessa Bnf, il cui fondo fotografico, iniziato nel 1849, conta più di 7 milioni di immagini, di cui 10mila fotografie. Si percorrono 150 anni di storia del bianco e nero che, malgrado l’emergere e l’imporsi del colore (inventato nel 1904 dai fratelli Lumières e diventato di moda a partire dagli anni 60), non è mai scomparso, considerato via via elitista o poetico. «Alcuni fotografi ritengono che il vero linguaggio della fotografia, la sua estetica, il suo modo di non essere una registrazione pura del mondo esterno, sia il bianco e nero. Con la distanza e l’eternità che offre», ha osservato Sylvie Aubenas, parlando con la stampa francese, direttrice del Dipartimento delle Stampe e fotografie della Bnf che ha co-curato la mostra. Il percorso, non cronologico, si apre con una sala introduttiva dedicata all’origine della fotografia in bianco e nero, prima del 1904, con due ritratti di Sarah Bernhardt, detta «La divina», realizzati da Nadal, la «Grande vague» di Gustave Le Gray o ancora le sei foto che Victor Hugo stampò, nel 1898-1899, dei figli, Danise e Jacques. La mostra procede poi per focus: il contrasto, la luce, l’ombra. Si «esplora il bianco e nero partendo dai suoi grandi punti di forza, estetici e tematici», ha spiegato Héloïse Conésa, responsabile del Servizio fotografico del Dipartimento della Bnf, a sua volta cocuratrice della mostra. «Mentre la pratica del colore si intensificava, negli anni ’70, il bianco e nero, scrive il museo in una nota, si reinventa come un mezzo di espressione estetica affermata che pone l’accento sulla grafica e sulla materia. La fotografia in bianco e nero è meno costosa e più semplice, ma la sua persistenza fino ad oggi è dovuta soprattutto al fatto che ha finito con l’incarnare l’essenza stessa della fotografia. Appare portatrice di una dimensione universale, là dove il colore sarebbe la traduzione del solo mondo contemporaneo». 
 


 

Redazione, 08 gennaio 2024 | © Riproduzione riservata