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Acquerelli e dipinti dalla Tate
- Francesca Romana Morelli
- 04 maggio 2018
- 00’minuti di lettura


Joseph Mallord William Turner (1775-1851), «The Arch of Constantine, Rome», 1835 ca, Londra, Tate Britain
Francesca Romana Morelli
Leggi i suoi articoliIn epoca romantica la pittura di paesaggio diventa importante, perché la rappresentazione della natura permette infinite metafore di un peculiare stato d’animo o una condizione spirituale del pittore. Per tutta la vita Joseph Mallord William Turner (1775-1851) cercò di trasferire la sostanza energetica della vita nella sua pittura, portando la sua persona a compiere esperienze talvolta estreme per capirne a fondo gli effetti. La sua opera diventa una sorta di «evento», aprendo così un varco importante per la strada maestra verso certe vicende novecentesche.
Il Chiostro del Bramante, in collaborazione con la Tate Britain di Londra, ospita la mostra «Turner. Opere della Tate», che fino al 26 agosto accoglie 92 opere tra acquerelli, spesso mescolati con altre tecniche, disegni e una decina di dipinti (nella foto, «The Arch of Constantine, Rome», 1835 ca), in parte del lascito di Turner al museo inglese.
La mostra, che avvia una collaborazione tra la Tate e il Chiostro del Bramante, è curata da David Blayney Brown, che spiega: «Gli acquerelli giocarono un ruolo determinante nell’arte di Turner. Furono le prime opere a renderlo famoso e a fornirgli un reddito certo. Gli servirono per la vendita, le mostre, le committenze e, soprattutto, per le incisioni e le riproduzioni; nonostante ciò, Turner non rinunciò alla sperimentazione attraverso studi, bozzetti, oltre a carte eseguite per il proprio diletto».
Le opere esposte, eseguite tra il 1791 e il 1845, sono trascrizioni di interni domestici o architetture, dai lunghi viaggi all’estero, tra cui l’Italia, e documentano l’evoluzione tecnica e stilistica del maestro, affascinato dalla luce e dal colore.

Joseph Mallord William Turner (1775-1851), «The Arch of Constantine, Rome», 1835 ca, Londra, Tate Britain