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Michela Moro
Leggi i suoi articoliMaurizio Cattelan non ha paura del buio, e nemmeno dello spazio. Gli immensi vuoti sono uno dei principali protagonisti dell’HangarBicocca (fino al 20 febbraio), e la loro diversa declinazione diventa parte integrante di ogni mostra realizzata qui.
Cattelan in «Breath Ghosts Blind» li usa, li adatta e li fa diventare ulteriori elementi del racconto. Inizia con «Breath», uno spazio intimo, malgrado il grande vuoto e il buio che circonda le due opere in marmo bianco, un uomo e il (suo?) cane, entrambi sdraiati per terra, addormentati.
Il visitatore arriva sul bordo dello spazio delimitato dalla loro vicinanza e può diventarne parte solo osservandoli dall’alto. Respiro, Breath: sono tranquilli nella loro circoscritta dimensione. Lasciati i dormienti, Cattelan ci spinge nelle Navate, è uno spazio enorme ma definito, e qui siamo noi a essere osservati.
Dall’alto delle capriate e delle travi mille piccioni ci guardano, in uno scambio repentino di ruoli e sguardi rispetto alla stazione precedente. Sono compagni di viaggio di Cattelan dalla Biennale del 1997, lì erano «Tourists», poi nel 2011 sono diventati «Others» e adesso li ritroviamo «Ghosts», fantasmi.
Sono loro i fantasmi, o sono la rappresentazione dei nostri fantasmi: è un quesito aperto, Cattelan ha sempre messo lo spettatore di fronte a domande necessarie, amore, vita, morte, senza indirizzare verso risposte stabilite, e anche in questa mostra ha dimostrato di prendersene tutte le responsabilità.
Ancora circondati da mille volatili si è attirati verso lo spazio più spettacolare dell’Hangar: il Cubo. Anche qui la misura dello spazio è perfettamente calibrata. Dalla penombra delle navate si passa alla luce bianca, forte, diretta sull’oggetto che lo riempie, ma fino all’entrata del Cubo non se ne percepiscono né le dimensioni né la reale forma, che si manifesta poi in tutta la sua spettacolare, spettrale grandezza.
È anche uno spazio senza confini perché è la rappresentazione plastica dell’iconografia mondiale del dolore, un’immagine che tutti ormai possiedono e riconoscono come paradigma universale: una delle Torri Gemelle trafitta dall’aeroplano. Blind, cieco come un vicolo cieco, cieco come la violenza del mondo, cieco come un dolore che attanaglia.
No, Cattelan non ha paura del buio, dello spazio e nemmeno di dimostrare la sua matura vitalità artistica. Curata da Roberta Tenconi e dal direttore artistico di Pirelli HangarBicocca Vicente Todolí «Breath Ghosts Blind» è una mostra da cui si esce rinfrancati perché Cattelan ci offre anche una speranza: quella di non essere soli, ma di aver trovato in lui, e quindi nell’arte, un interlocutore che ci comprende nel profondo.

Una veduta dell’installazione «Blind» (2021) di Maurizio Cattelan nel Pirelli HangarBicocca. Cortesia dell’artista, di Marion Goodman e di Pirelli HangarBicocca. Foto Agostino Osio