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Francesca Petretto
Leggi i suoi articoliFrancoforte. Una mostra annunciata già come spettacolare nei media internazionali è la prima del 2020 di Schirn Kunsthalle, «Donne incredibili: Mondi surreali da Meret Oppenheim a Frida Kahlo», ricca di oltre 260 opere d’arte provenienti da tutto il mondo, dal MoMA alla Tate di Londra, dalla National Gallery di Edimburgo ai parigini Centre Pompidou e Musée d’art moderne, dai Kunstmuseum di Berna e Basilea fino al Moderna Museet di Stoccolma, al viennese mumok, al Museo di Arte Moderna di Città del Messico: tutti hanno voluto dare il proprio contributo a questa prima mondiale, la prima celebrazione in assoluto del genio di 34 artiste surrealiste, donne incredibili riunite dal 13 febbraio al 24 maggio a Francoforte.
Fino ad oggi, in circa 100 anni di storia del movimento riunitosi attorno alla figura del suo fondatore André Breton, nessun museo al mondo aveva mai pensato al ruolo svoltovi attivamente dalle artiste. Non che le donne fossero assenti: la quasi totalità dei dipinti dei colleghi ha ritratto ossessivamente il loro corpo, di dee, diavoli, bambole, bambine e creature da sogno; moltissime sono le artiste che hanno aderito praticamente o idealmente al gruppo surrealista, non solo, come ha voluto falsamente tramandare una certa tradizione di studi storici, in qualità di amanti, compagne o figlie di tali padri.
Il loro è un universo di infinite posizioni, caratterizzate da un’inversione di prospettiva rispetto a quella dei colleghi più celebrati: sono alla ricerca di un reale modello di identità femminile, non il riflesso di una fantasia non loro, non subordinato, ma autodeterminato e autonomo. Un’altra differenza fondamentale è, giocoforza, la loro attenzione ai temi del sociale, della salute, della politica di un sistema di valori che ha sempre posto la donna in una condizione di inferiorità. Accanto alle famosissime Bourgeois, Kahlo e Oppenheim, sono ospitate altrettanto vulcaniche artiste forse meno note al grande pubblico ma non per questo meno sorprendenti.
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