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Francesca Petretto
Leggi i suoi articoliLubecca (Germania). «Io e il mio selfie» è il titolo di una mostra alla Kunsthalle St. Annen incentrata sul «self portrait» d’artista nel XX e XXI secolo. Da sempre pittori e fotografi hanno amato raffigurarsi nelle proprie opere: i primi in veri e propri autoritratti con nome o mascherandosi fra altri, dando il proprio volto a personaggi dell’antichità e del mito; i secondi in più recenti autoscatti diretti o allo specchio, involontari precursori della moderna moda del selfie.
Oggi in tutto il mondo i possessori di smartphone si immortalano nelle più disparate situazioni allo scopo di condividerle con amici e pubblico sui social network: è solo irrefrenabile esibizionismo o, come da lettura dei curatori di Lubecca, una sorta di trasposizione in salsa pop-millennial della «autorappresentazione in scena» sperimentata per secoli da artisti desiderosi di apparire, palesarsi finalmente a un pubblico di cui desiderano forse stuzzicare il voyeurismo?
Negli ultimi duecento anni, teatro di epocali sconvolgimenti sociali, sono stati prodotti gli autoritratti in tal senso più suggestivi ed espressivi; che la selfiemania possa esserne considerata ovvia filiazione prova a spiegare la mostra anseatica attraverso i quadri della Collezione Leonie Freifrau von Rüxleben, acquisita nel 2005: la chiave è nello sguardo, diretto o meno, che Sintenis, Dix, Wunderlich, Grosz, Kollwitz, Magritte e Dalí, fra molti altri, rivolgono allo spettatore. Le loro opere saranno esposte dal 26 gennaio al 10 marzo.

Particolare di «Selbstbildnis» (1982) di Christian Schad. © Christian Schad Stiftung Aschaffenburg
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