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Silvano Manganaro
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Il titolo della mostra presso Montoro12, «You Are What I Was, You Will Be What I Am» («Sei ciò che io ero, sarai ciò che sono»), aperta dall’8 settembre all’8 ottobre, ricorda gli ammonimenti presenti nei cimiteri dei frati cappuccini, i quali intimavano ai visitatori di temere Dio ricordando loro che il tempo (e la morte) è, come diceva Totò, una livella. Per certi versi potremmo dire che anche il postmoderno o, meglio, il post postmoderno, è una livella, capace di mettere tutto il passato su un unico piano, rimescolando confini, identità, stili, movimenti e materiali.
È quello che traspare dalle opere dei due giovani artisti americani Dmitri Obergfell (1986) e Ian Hagarty (1980), il primo impegnato in una raffinata rielaborazione (attraverso scultura, pittura e installazioni) di immagini appartenenti a diverse epoche e civiltà ma sedimentate nell’immaginario collettivo; il secondo creatore di immagini astratte e geometriche realizzate sia con la pittura acrilica che con la stampa digitale. Ne scaturisce uno strano mondo, nel quale la citazione ironica, il déjà vu, la ricerca di uno stile personale capace di introiettare e superare le eredità del passato, danno vita a un immaginario fresco e, alla fine, originale. Obergfell sembra partire sempre da un memento mori che, affiancato dall’astrazione dematerializzata di Hagarty, riesce a calare in visitatore in un eterno ritorno: se il passato diventa presente, il presente, in un ipotetico futuro, diventa passato.
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