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Silvano Manganaro
Leggi i suoi articoliRoma. Nel suo avvincente Perché guardiamo gli animali? John Berger, afferma che «gli animali vengono messi al mondo e sono esseri senzienti e mortali, in questo somigliano all’uomo» ma, allo stesso tempo, «nella loro anatomia visibile, nelle abitudini, nella percezione del tempo e nelle capacità fisiche, essi differiscono dall’uomo, […] sono allo stesso tempo simili e diversi».
Ed è proprio questo essere simili e diversi che ci affascina, una differenza che diventa ancestrale e misteriosa se osserviamo gli animali selvatici e che invece si assottiglia, fino a diventare grottesca, con quelli domestici: cani e gatti in particolare. Ed è proprio su questa anomalia che si concentra la mostra fotografica di Luigi Avantaggiato (Zurigo, 1984) ospitata da Sala Uno, lo spazio espositivo non profit situato all’interno del Complesso pontificio della Scala Santa e gestito da Mary Angela Schroth sin dal 1985.
L’esposizione, dal titolo «Animalìe» (aperta dal 23 gennaio al 20 febbraio), presenta una dozzina di scatti realizzati all’interno di cliniche veterinarie romane: luoghi in cui questa umanizzazione si fa stridente. Il rapporto tra sale operatorie altamente tecnologiche e la sofferenza dell’animale, suscita un senso di fastidio e lontanza. Quello che si percepisce in queste immagini, infatti, non è la ricerca del grottesco o del bizzarro, ma una lucida analisi di questi luoghi e dell’umanità degli animali.

Luigi Avantaggiato «Miu-Miu, 6. Fibrosarcoma» (2013)
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