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La decisione di annualizzare la Biennale non piace a tutti

Marie Potard

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Dalla sua elezione lo scorso ottobre alla presidenza del Syndicat national des antiquaires (Sna), Dominique Chevalier ha lanciato numerosi progetti per risollevare la Biennale parigina. Il primo a metà maggio è stato la nomina di Henri Loyrette, ex direttore del Louvre, a presidente dal 2016. La sua missione? Dirigere la Commissione di selezione. «Non sarà più il presidente del Syndicat a decidere chi potrà o no esporre», sottolinea Dominique Chevalier. Non più imposizioni dall’interno. La sua conoscenza del settore e dei mercanti internazionali dovrebbe anche rivitalizzare la risonanza internazionale dell’evento. 

Obiettivo: affiancarsi a Londra e Maastricht

La seconda forte presa di posizione è stata il voto a fine giugno sull’annualità della Biennale, una decisione che divide. «Quello della Biennale è un modello sorpassato», criticava Santo Micali (galleria Mermoz, Parigi). «Questa nuova periodicità, che entrerà in vigore nel 2017, consente di porsi sullo stesso piano di Tefaf, di Frieze Masters e Masterpiece», spiega Dominique Chevalier. L’organizzazione di una manifestazione annuale, come avviene in altri Paesi, consente inoltre di aggirare la questione degli stock. Il gallerista Franck Prazan commenta dal canto suo: «Ero favorevole a una Biennale che rendesse l’evento qualcosa di eccezionale, prendendo le distanze dalle fiere concorrenti. Ora che è stata votata l’annualità, bisogna vedere come questo salone annuale potrà esistere, in assenza della parola “Biennale” che era un marchio». La manifestazione sarà inoltre accorciata da dodici a nove giorni.

Riduzione dei costi, ma non della qualità

Grazie all’annualizzazione, i costi dovrebbero ridursi. «La scansione biennale generava dei costi rilevanti. Ora gli stand potranno essere conservati per l’uso da un anno all’altro, mentre due anni era un intervallo eccessivo», afferma Dominique Chevalier. Soprattutto il prezzo al metro quadrato sarà rivisto al ribasso, da 1.200 a 900 euro, purtroppo una tariffa ancora doppia rispetto a quella di Tefaf (ma Parigi non è Maastricht). Questa riduzione delle tariffe dovrebbe permettere d’altronde di accogliere un maggior numero di espositori, meno scoraggiati dai prezzi. L’edizione 2014 aveva riunito solo 64 antiquari, troppo pochi per attirare visitatori stranieri. La manifestazione d’ora in poi potrebbe avere da 100 a 120 espositori. «È il livello degli espositori la sola cosa che conta», ricorda Franck Prazan. Per liberare spazio bisognerà rivedere la planimetria, ma diminuirà il numero dei gioiellieri. Troppo numerosi nell’edizione 2014 (14), «di sicuro saranno al massimo sette o otto», precisa Chevalier. Uno dei più importanti punti di discussione ha riguardato  se l’organizzazione della Biennale dovesse essere affidata a una società esterna. Il Syndicat ha risolto la questione scegliendo Reed Expositions, un leader mondiale che già organizza Fiac e Paris Photo. Questa gestione neutra eviterà atteggiamenti da casta chiusa, in particolare nella collocazione degli stand. «Una Biennale costa una fortuna, ma rende anche una fortuna. Ho la sensazione che la Biennale sia stata venduta a un organizzatore che innanzitutto taglierà dei costi. Il livello complessivo viene abbassato», teme il gallerista Robert Vallois, uno degli espositori storici della Biennale, che annuncia di non avere più intenzione di partecipare. «120 espositori al Grand Palais tolgono tutto il fascino. A Maastricht sono 260 e ciò significa che non c’è solo qualità. Se la durata viene accorciata, il prestigio della biennale ne soffrirà». Critiche terroristiche: il Sindacato antiquari ha un anno per smentire i timori dei pessimisti. Non sarà semplice.

Marie Potard, 07 ottobre 2015 | © Riproduzione riservata

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