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Immagini parlanti

Viviana Bucarelli

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Profondamente influenzato dalla magia della fotografia di Eugène Atget, con le sue strade, le sue architetture, i ritratti più originali, Walker Evans catturò la segreta malinconia del paesaggio urbano ed extraurbano della sua America, a partire dagli anni Venti e Trenta

Colto e sensibile, era appassionato di letteratura e amava in particolare Ernest Hemingway. Delle sue foto, il grande poeta William Carlos Williams scrisse che sono così intense che «ci parlano». E il suo stile influenzò un’intera generazione di fotografi dopo di lui, a partire da Robert Frank. A Evans lHigh Museum of Art dedica un’importante retrospettiva fino all’11 settembre.

La mostra comprende oltre 120 immagini in bianco e nero e a colori realizzate a partire dagli anni Venti fino agli anni Settanta, comprese alcune diventate ormai dei classici che il maestro della fotografia documentaristica realizzò per l’agenzia del governo Roosevelt, la Farm Security Administration, negli anni della Grande Depressione. Tra queste, i ritratti delle famiglie dei contadini che persero tutto in quegli anni; dei loro visi segnati da rughe profonde; delle loro stamberghe malsane; e di madri giovanissime con cinque o sei figli e la tristezza profonda negli occhi per non sapere come sfamarli. Ma in mostra sono anche le foto dei ritratti dei passeggeri della metropolitana di New York alla fine degli anni Trenta, spaccati di realtà urbana quotidiana e curiosa. 

Oltre a essere uno dei pionieri della fotografia documentaristica, Evans realizzò anche pubblicazioni che hanno cambiato la storia e che raccolsero alcune delle serie esposte in mostra. Tra queste American Photographs (1938) e Let Us Now Praise Famous Men (1941). Entrambe senza didascalie se non alla fine: anche in questo caso la sequenza delle immagini parla da sé

Viviana Bucarelli, 01 luglio 2016 | © Riproduzione riservata

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Immagini parlanti | Viviana Bucarelli

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