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I prefetti non possono mangiarsi le Soprintendenze

Denise La Monica

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Soppressione, fusione o accorpamento tra deleghe, decreti e legge di stabilità. Gli oppositori all’unificazione temono gli assoggettamenti politici... 

L’11 marzo è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto ministeriale del 23 gennaio 2016, dal titolo «Riorganizzazione del Ministero dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo ai sensi dell’articolo 1, comma 327, della legge 28 dicembre 2015, n. 208»; il 22 e 23 marzo si sono tenute a Roma due giornate di protesta, convocate da professionisti e addetti ai lavori, contro la riforma Franceschini e contro la legge Madia. Le proteste sono dettate dal disagio, manifestato da molti addetti ai lavori, per il susseguirsi di radicali e non condivise trasformazioni organizzative nell’ambito del Mibact.

Dopo l’approvazione del Dpcm 171/2014 recante un’assai articolata ricomposizione delle strutture ministeriali, sono sopraggiunti due altri provvedimenti. Il primo è la cosiddetta legge Madia, dal titolo «Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche» (Legge n. 124 del 7 agosto 2015, Gazzetta Ufficiale n. 187 del 13 agosto 2015). Questa norma è una legge-delega, ossia un provvedimento che autorizza il Governo a elaborare e adottare, entro 12 mesi dalla sua entrata in vigore (28 agosto), «uno o più decreti legislativi per modificare la disciplina (…) dei Ministeri» nel rispetto di specifici principi e criteri direttivi individuati appunto dalla stessa L. 124/2015. Il Governo ha già avviato la fase di elaborazione dei previsti decreti attuativi: a gennaio 2016 sono stati presentati i primi 11 decreti di attuazione della legge.

L’ambito della delega che maggiormente interessa i Beni culturali è la previsione della «trasformazione della Prefettura-Ufficio territoriale del Governo in Ufficio territoriale dello Stato» e la conseguente «confluenza nell’Ufficio territoriale dello Stato (ossia la nuova Prefettura, Ndr) di tutti gli uffici periferici delle amministrazioni civili dello Stato» (art. 8, c. 1, lett. e). Tra questi «uffici periferici», quindi, ci sono anche le Soprintendenze. Contro una tale previsione sono subito arrivate critiche, allarmi, proteste: sindacati (Uil-Bac), Associazione Bianchi Bandinelli, Assotecnici, storici dell’arte e archeologi.

Contestualmente all’approvazione della norma, con un pubblico appello insigni costituzionalisti e storici dell’arte (Azzariti, Carlassare, Lucarelli, Maddalena, Neppi Modona, Pace, Settis, Zagrebelsky) si sono rivolti al presidente della Repubblica per denunciare la «palese incostituzionalità» di due elementi inseriti nella legge Madia: il «silenzio-assenso» tra amministrazioni pubbliche e la confluenza delle Soprintendenze nelle Prefetture. A questa iniziativa si è aggiunto un secondo appello promosso da più di 100 dipendenti del Mibact che denunciava una «pericolosa e inedita distorsione del rapporto fra settori dello Stato», nonché il «definitivo annientamento delle prerogative del Ministero, la difesa del paesaggio e del patrimonio culturale».

Ad oggi, tuttavia, non è stato presentato alcun decreto attuativo su questo tema. Il secondo provvedimento arriva a dicembre 2015, con la legge di stabilità (n. 208 del 28 dicembre 2015, dal titolo «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato»). Con questa norma si introduce la possibilità di modificare ulteriormente la struttura del Mibact, attraverso la «riorganizzazione, anche mediante soppressione, fusione o accorpamento, degli uffici dirigenziali, anche di livello generale, del medesimo Ministero» (c. 327). L’allarme subito suscitato da questa disposizione tra gli addetti ai lavori trova conferma nel fatto che il 19 gennaio è stato diffuso lo schema di decreto ministeriale poi divenuto, come detto in apertura, decreto a tutti gli effetti (23 gennaio 2016, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 59 dell’11 marzo 2016), che prevede l’annessione delle Soprintendenze archeologiche alle altre giù unificate (Belle Arti e Paesaggio).

Gli archeologi sono sul piede di guerra e, fin da subito, in molti hanno apertamente dichiarato la loro contrarietà a questo provvedimento, mentre altri, come Daniele Manacorda o Massimo Montella, hanno espresso la loro apertura verso le cosiddette Soprintendenze uniche. Per molti degli interessati il timore è che un siffatta riorganizzazione delle Soprintendenze determini un ulteriore indebolimento del comparto e il suo «assoggettamento» al Governo in seno alle neoconfigurate Prefetture-Uffici territoriali con la conseguenza che quelli che dovrebbero essere organi indipendenti, guidati solo dalla discrezionalità delle competenze, rischierebbero di essere sottoposti al controllo politico.

Denise La Monica, 06 aprile 2016 | © Riproduzione riservata

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