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Chiara Coronelli
Leggi i suoi articoliL’interno è quello di un ristorante: ci sono tavoli rotondi apparecchiati per due, le sedie, un lampadario chandelier, il tutto coperto di un rosso uniforme, interrotto solo dal grigio di un branco di volpi in poliestere, bloccate in movimento. Da questa installazione realizzata nel 1989, Sandy Skoglund ha tratto una serie di fotografie, e proprio «The Grey Foxes» sarà uno dei lavori esposti da Paci Contemporary, nella personale «Unpublished Works» che la galleria dedica alla Skoglund (dal 7 marzo al 26 maggio).
Nata a Quincy nel 1946, dopo gli studi di storia dell’arte e pittura, esordisce in ambito concettuale a New York nel 1972, per cominciare a fotografare nel 1978, come autodidatta. La sua opera, che si inserisce nella corrente della staged photography, si sviluppa a partire dalla costruzione di ambienti immaginari, per i quali lei stessa produce sculture e scenari dipinti, ricorrendo anche a comparse, per poi riprendere l’azione in tableau che mescolano naturale e artificiale, plausibile e impossibile.
Pesci, gatti, scoiattoli, uova, serpenti, pop-corn invadono lo spazio, tra l’ironia sulla pretesa seriosità di certa arte e la vulnerabilità umana che si avverte sotto la vernice delle sue fantasie a colori. In mostra anche una selezione dalla serie «Reflections in a Mobile Home», con gli interni della roulotte dove viveva con il marito negli anni Settanta: still life che inquadrano dettagli, dal ferro da stiro al lavandino, fino all’autoritratto riflesso in una pentola.
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