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Francesca Petretto
Leggi i suoi articoliAmburgo. Che sia la perdita di una persona cara che è venuta a mancare o che ci ha detto addio o che si tratti di irrecuperabili altre separazioni da casa, paese di appartenenza, dalla famiglia o da un ideale, ciascuno di noi sperimenta nel corso della sua vita dolore, delusione, fallimento. Ma anche se queste esperienze ci segnano individualmente, il modo in cui le trattiamo, la loro possibile, difficile rappresentazione dipendono dall’ambiente culturale, sociale e politico in cui viviamo o ai cui valori siamo stati educati.
La mostra collettiva «Lutto. Di perdita e cambiamento» che Kunsthalle Amburgo allestisce per il periodo 7 febbraio-14 giugno ospita le differenti interpretazioni del tema che 30 artisti di fama internazionale hanno provato a dare utilizzando tutti i possibili media: scultura, video, fotografia, installazioni miste, pittura e opere audiovisuali. In un percorso che si snoda attraverso 6 capitoli il tema della perdita viene affrontato ora come racconto personale, ora come suggestione globale.
Ne consegue un meraviglioso multilinguismo, quante sono le sensibilità di ciascun individuo al mondo, che si esprime tuttavia, nella mostra come nella società, in seno a un programma politico che ne definisce limiti, liceità, importanza: la curatela cita un celebre saggio della filosofa americana Judith Butler, A chi spetta una buona vita? (in Italia edito da nottetempo, Ndr), muovendo una critica alla società biancocentrica che utilizza due pesi-due misure come parametri per la valutazione, delimitazione e distribuzione esclusiva del lutto pubblico. Molti i nomi importanti, su tutti Maria Lassnig, Anne Collier, Andy Warhol.
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