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Chiara Coronelli
Leggi i suoi articoliAlla National Portrait Gallery cento fotografie del cantore del Sud degli Stati Uniti
Lo si riconosce appena, preso di spalle dall’abitacolo di un’auto, mentre fuma guidando lungo una strada che si perde nel deserto. In questo ritratto di Dennis Hopper, che William Eggleston scatta nei primi anni Settanta, ci sono già le luci calde e c’è l’apparente casualità dell’inquadratura, decisa d’istinto anche perché, come ha sempre dichiarato, lui scatta una sola volta e non importa che la fotografia funzioni o meno, un’altra lo aspetta comunque altrove.
Padre della fotografia a colori, cantore del Sud degli Stati Uniti e del mistero della banalità, maestro nella tecnica del dyetransfer, Eggleston traduce nei suoi cromatismi la democrazia di una visione che parla un linguaggio personale, scardinato dalle convenzioni. Le sue immagini sanno posarsi su tutto indistintamente, dal distributore di benzina ai fiori finti al carrello della spesa, perché nella sua fotografia tutto conta, a partire dalla forza della mediocrità. «William Eggleston Portraits», la mostra che il 21 luglio (fino al 23 ottobre) viene inaugurata alla National Portrait Gallery, offre un taglio insolito sulla sua produzione, esponendo oltre 100 lavori dedicati ad amici, familiari, persone incontrate per caso, musicisti e attori.
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