Particolare di «Scherzo di Follia (The Countess de Castiglione)» (1930) di Pierre-Louis Pierson. Foto Collezione Ettore Molinario

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Particolare di «Scherzo di Follia (The Countess de Castiglione)» (1930) di Pierre-Louis Pierson. Foto Collezione Ettore Molinario

Tre donne al Museo Ettore Fico

Dall’Italia all’Africa passando per l’Inghilterra, dopo la pausa estiva il museo riapre inaugurando tre mostre dedicate all’identità femminile

Riapre il 28 settembre, dopo la pausa estiva, il Museo Ettore Fico di Torino con tre mostre antologiche, di altrettante protagoniste dell’arte internazionale dall’Ottocento a oggi, tutte ideate e curate dal Direttore Andrea Busto.

La prima delle tre è dedicata alla Contessa di Castiglione (all’anagrafe Virginia Elisabetta Luisa Carlotta Antonietta Teresa Maria Oldoini, coniugata Asinari 1837-99), amante di Napoleone III e cugina di Camillo Benso conte di Cavour, che svolse attività di spionaggio e diplomazia nel contesto dei più importanti avvenimenti del tempo. La mostra riunisce stampe d’epoca di ritratti della Contessa realizzati secondo messe in scena ideate dalla Contessa stessa e realizzate in collaborazione con il fotografo di studio Pierre-Louis Pierson. Grande ammiratore della bellissima nobildonna fu il poeta simbolista Robert de Montesquiou. Amico-nemico di Proust, e primo dandy della storia, Montesquiou trascorse tredici anni della sua vita a scrivere la biografia della Contessa, che pure non aveva mai incontrato. Per la prima volta in Italia, nelle numerose fotografie esposte al Museo Fico ritroviamo la Contessa di Castiglione ritratta con abiti sempre diversi, distesa sul pavimento o voltata di spalle per guardarsi allo specchio o ancora drappeggiata di un semplice copriletto.

Considerate per l’epoca scandalose, in realtà oggi questi scatti ci permettono di esplorare i diversi aspetti della donna dell’epoca. Veri atti performativi dove l’esistenza è riassunta in una foto, in cui, come sottolinea il curatore, «è la Contessa ad usare il fotografo e non viceversa» e che hanno anticipato di cento anni i lavori di Cindy Sherman.

Per capire il ruolo femminile dal secondo dopoguerra in poi Andrea Busto ci propone nella seconda mostra i lavori di Maggi Hambling (1945), artista britannica che ha vissuto e respirato l’aria di una Londra punk rocker degli anni Settanta. Amica di Francis Bacon e di Lucian Freud il suo nome è associato a opere scultoree pubbliche che hanno suscitato non poche polemiche dedicate a Oscar Wilde e alla madre del femminismo Mary Wollstonecraft. Scelta nel 1980 come prima artista residente alla National Gallery di Londra il suo lavoro non è etichettabile con il nome di uno stile o di una scuola ma ha certamente aperto la strada a numerose artiste, tra cui Sarah Lucas, Tracey Emin e Cecily Brown. Al museo presenta una serie completa di dipinti e ventiquattro sculture ispirate a degli oggetti trovati, sassi piuttosto che legni, in bronzo dipinti; oggetti depositari di pensieri, emozioni, riflessioni e gesti.
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L’ultima delle tre artiste in mostra è Maïmouna Guerresi (1951) trait-d’union fra la cultura europea e quella africana. «Il mio lavoro, dichiara l’artista, si concentra sull’Africa musulmana e attraverso la mia pratica cerco di affermare il potere generativo e la natura spirituale delle donne. Le donne musulmane africane che ritraggo sono forti e aggraziate, pronte ad assumere il ruolo di grandi madri. Inoltre, i miei personaggi, tra cui Awa e Adama, hanno una forte identità spirituale in grado di trascendere le distinzioni tra genere maschile e femminile».

Le mostre, aperte dal giovedì alla domenica fino al 17 dicembre, si completano grazie ai tre cataloghi ricchi di racconti e immagini che ci danno l’opportunità di comprendere al meglio queste artiste molto diverse tra loro ma che hanno dedicato e dedicano gran parte del loro lavoro all’identità femminile.

«Lett» di Maggi Hambling

Rischa Paterlini, 27 settembre 2023 | © Riproduzione riservata

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Tre donne al Museo Ettore Fico | Rischa Paterlini

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