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Scott Reyburn
Leggi i suoi articoliMaastricht (Paesi Bassi). Nel 1975, anno di fondazione della fiera Pictura, precorritrice di Tefaf Maastricht, l’arte dal prestigio e i prezzi più alti era l’arte antica. Il ritratto di Juan de Pareja di Velázquez, acquistato cinque anni prima dal Metropolitan di New York per $ 5,5 milioni, deteneva ancora il prezzo record per un’opera venduta in asta. Se al Tefaf di quest’anno (dal 7 al 15 marzo) un visitatore penserà, a tratti, di ritrovarsi nel 1975 c’è da capirlo.
Gli stand hanno quelle stesse pareti scure, quei begli antichi dipinti olandesi, fiamminghi e italiani, quelle superbe stampe di Rembrandt e quegli stessi signori di mezza età in giacca e cravatta che stanno lì per venderli. Fuori dalla fiera, nel mondo dell’arte e non solo in quello, molto è cambiato naturalmente. E anche gli Old Masters sono perlopiù fuori moda. Stando a un rapporto pubblicato dagli analisti londinesi ArtTactic, in tutto il 2019 le vendite di Old Masters in Europa di Sotheby’s e Christie’s hanno totalizzato complessivamente 239 milioni di dollari, ben al di sotto delle somme a nove cifre ottenute a novembre dalle rispettive aste newyorkesi di arte contemporanea.
Oggi il mercato dell’arte globale da 60 miliardi di dollari è dominato da opere realizzate negli ultimi 100 anni o giorni. Ma ogni marzo, decine di mercanti d’arte seri continuano a portare a Tefaf Maastricht tutti i dipinti antichi più belli, freschi e accuratamente catalogati che riescono a trovare. E, a volte, li vendono. «Facciamo parte di un meccanismo ben oliato, osserva Bob Haboldt, con gallerie a New York, Amsterdam e Parigi, che ha esposto in tutte le 32 edizioni di Tefaf. Se si aggiunge olio, continuerà a funzionare».
È però realista sui punti di forza e i limiti della più grande fiera europea dedicata all’arte e all’antiquariato di qualità museale. «Ci sono una quarantina di gallerie, 400 musei e 400 collezionisti pronti a pagare 100mila dollari o più per un dipinto antico, stima Haboldt, consapevole che le megagallerie contemporanee come Gagosian e Pace hanno liste di migliaia di clienti.
Ma a differenza delle gallerie contemporanee i mercanti di arte antica non possono contare su una fornitura continua di nuovo materiale e per le poche opere di antichi maestri che ricompaiono dopo molto tempo devono vedersela con la concorrenza anche delle case d’aste. L’annuale Masters Week, la settimana delle vendite di arte antica che Sotheby’s tiene a New York a gennaio, ha generato quest’anno 76,2 milioni di dollari (diritti compresi) e la casa d’aste ha corteggiato i clienti più giovani con collaborazioni col mondo della moda, come il marchio di streetwear Highsnobiety.
«È tutta scena. Le fiere fanno da contrappeso a quella cultura. Le persone possono prendersela con calma, osservare il dipinto e fare ricerche», commenta Haboldt che a Maastricht porta un dipinto su tavola del XVI secolo, di provenienza privata, un «Paesaggio con san Cristoforo» del fiammingo Joachim Patinir e bottega (650mila euro).
«È l’unica fiera in cui hai la sensazione di entrare in un museo in vendita, osserva Marco Voena, di Robilant+Voena, specializzati in arte antica e del XX secolo con gallerie a Londra, Milano e St. Moritz. È enciclopedica. Ad Art Basel non hai la stessa sensazione». Al Tefaf porta una tela dei primi del ’600, un ritratto riscoperto di Giulio Cesare Procaccini dell’attrice Orsola Pomoni Cecchini nota come Flaminia Comica. I ritratti barocchi delle attrici sono rari: questo viene offerto a 2,6 milioni di dollari.
Tra le scoperte più rilevanti di quest’anno a Tefaf è la tela di Bartholomeus Spranger «Venere e Cupido con Mercurio e Psiche. Un’allegoria» (1600 ca), proposta dal londinese Mark Weiss a 5,5 milioni di dollari. Acquistata presso una collezione privata italiana, in ottimo stato di conservazione, era scomparsa dal mercato da metà ’700. Probabilmente commissionato per il Castello di Rodolfo II a Praga, è il classico dipinto tardorinascimentale che potrebbe far gola ai musei statunitensi.
L’apertura di due fiere gemelle a New York, nel 2016, non sembrerebbe infatti aver sottratto clienti statunitensi a Tefaf Maastricht, come alcuni temevano. «Ogni anno i musei americani ricevono un budget dai donatori e continuano a comprare», conferma Salomon Lilian, con galleria a Ginevra, che l’anno scorso ha venduto dipinti antichi al Museum of Fine Arts di Boston, al Cleveland Museum of Art e all’Art Institute of Chicago a prezzi tra 1 milione e 1,5 milioni di dollari. Quest’anno ripone grandi speranze su un dipinto su tavola firmato e finora inedito del seicentesco maestro olandese Jan Steen, proposto a 700mila euro. «È di un gusto un po’ fuori moda, osserva, ma è una grande nome».
Lo stesso, incredibilmente, potrebbe dirsi di Rembrandt. A Tefaf ci sarà un bell’esemplare dell’incisione «Adamo ed Eva» (1638) firmata e datata dall’artista olandese. A portarlo in fiera è H.H. Rumbler di Francoforte, che l’ha acquistato in asta più di 20 anni fa. «I nostri collezionisti, constata la direttrice della galleria Petra Rumbler, sono molto seri. Non come negli Stati Uniti, dove le persone conservano le cose per tre anni e poi rivendono per mero guadagno». I 350mila euro richiesti per il suo Rembrandt sono di tutto rispetto. Ma è un segno dei tempi il fatto che rispetto ai 493mila dollari (con commissioni) pagati a settembre a un’asta di Christie per la serigrafia del 2004 di Banksy «Girl with Balloon» sembri un buon prezzo.
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