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Sulla moda piovono gocce d’Oriente

Massimiliano Capella

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Dall’antica India all’Europa settecentesca ammaliata dall’esotismo, dalla moglie di Napoleone a Gianfranco Ferrè, l’intramontabile fortuna del motivo cachemire

Il boteh-cachemire (o paisley) è uno dei motivi decorativi che hanno attraversato la storia del tessuto e della moda mantenendo inalterato il proprio fascino: una goccia dalla punta ricurva declinata in innumerevoli varianti, un disegno seducente di origini antichissime che richiama immaginari esotici, mondi lontani e non solo. A svelarne la storia è ora la mostra «Cachemire, il segno in movimento», organizzata dalla Fondazione Antonio Ratti in collaborazione con il Comune di Cernobbio, allestita dal 18 giugno al 18 settembre nelle sedi di Villa Sucota a Como e di Villa Bernasconi a Cernobbio.

La storia del motivo cachemire è molto antica. Risalendo addirittura alle grandi civiltà mesopotamiche, questo motivo si sviluppa successivamente nella regione indiana del Kashmir per decorare gli scialli che uomini e donne indossavano per proteggersi dal rigido clima invernale. Il cachemire giunge in Europa grazie ai traffici commerciali avviati nel Seicento dalle Compagnie delle Indie e raggiunge la popolarità in epoca napoleonica anche grazie alla figura di Joséphine Beauharnais, prima moglie di Napoleone e icona della moda Impero, che nel 1809 possedeva ben 33 abiti confezionati con preziosi scialli cachemire provenienti dall’India. A partire dagli anni Trenta del XIX secolo l’Europa inizia la produzione di scialli operati e successivamente stampati, interpretando la tradizione indiana con modalità proprie.

Dalla seconda metà dell’Ottocento il motivo a goccia curvilinea si contamina con la voluta barocca e vengono così prodotti non solo scialli ma anche sete sontuose, lane leggere, nastri e merletti caratterizzati da un forte esotismo che non ha limiti geografici nelle sue fonti d’ispirazione. Nel XX secolo il motivo cachemire riscuote grande fortuna in tre momenti storici: gli anni fra le due guerre mondiali, quando la cravatteria e l’accessorio maschile ne scoprono l’attrattiva segnando l’inizio della fortuna tessile comasca nel settore; il secondo dopoguerra, quando si gettano le basi dello sviluppo vertiginoso del distretto tessile lariano; il boom degli anni Ottanta durante i quali foulard, scialli e tessuti a motivo cachemire diventano il «must have» di ogni donna elegante. Sono gli anni in cui le manifatture comasche conoscono una nuova ascesa realizzando per sarti di alta moda e per il prêt-à-porter internazionale una miriade di soluzioni decorative destinate alle passerelle.

Il disegno cachemire, un classico contemporaneo presente negli archivi storici di moltissime manifatture tessili comasche, è un banco di prova per le capacità di tutti gli operatori della filiera tessile (dal disegnatore alla maestranze), che hanno consentito all’industria locale di affermarsi nel mondo. Il percorso cronologico e tematico della mostra ripercorre quindi, attraverso 150 pezzi tra tessuti, scialli, abiti e accessori vari, la storia di questo disegno antico e carico di suggestioni, costantemente rinnovato.

Sono inoltre visibili alcuni pezzi mai esposti prima e restaurati per l’occasione, come gli scialli indiani ed europei della collezione di Antonio Ratti, industriale serico comasco che fece della passione per il motivo cachemire un segno identificativo della sua produzione. La selezione di abiti con motivi cachemire esposti spazia da esemplari della metà dell’Ottocento fino a pezzi contemporanei, con capi di particolare interesse come un mantello da sera ricamato della maison parigina Drecoll del 1907, un caraco (giacchetta femminile) di velluto mediorientale della fine del XIX secolo e una vestaglia proveniente dal Vittoriale degli Italiani appartenuta a Gabriele D’Annunzio. Tra i pezzi contemporanei colpiscono invece un abito di Valentino Boutique indossato da Patty Pravo per un servizio per «Vogue», uno chemisier in pizzo bianco di Daniel Hechter e alcuni pezzi di Mila Schön, Lancetti e Gianfranco Ferré Haute Couture.

Massimiliano Capella, 13 giugno 2016 | © Riproduzione riservata

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