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Melania Lunazzi
Leggi i suoi articoliNel contesto delle numerose iniziative dedicate al quarantennale del terremoto del 1976 in Friuli Venezia Giulia, il 23 aprile inaugura negli spazi dogali di Villa Manin di Passariano la mostra «Memorie. Arte immagini e parole del terremoto in Friuli» (fino al 3 luglio)
Una mostra, curata da Antonio Giusa e dal nuovo soprintendente Corrado Azzollini, nata dalla stretta collaborazione tra la Soprintendenza alle Belle Arti e Paesaggio e la Regione, costruita attorno a un’articolata elaborazione del tema della memoria, della ricostruzione e del restauro. Cento i miliardi investiti dall’allora Ministero per i beni culturali e ambientali e oltre 1.500 interventi di restauro secondo l’articolo 8 della legge regionale 30 del 1977, dal Duomo di Venzone, ripristinato pietra su pietra a cura dello Stato, al Castello di Colloredo di Montalbano che ha ottenuto l’erogazione da parte della Regione dell’ultima tranche di finanziamenti ad agosto 2015 (10 milioni di euro) per il completamento del mastio.
Articolata su sette livelli di lettura, la mostra segue i diversi tipi di memoria, da quella dell’evento tragico a quella del restauro, a quella della solidarietà e del dono, attraverso opere d’arte antica e contemporanea e documenti visivi e immateriali (tra cui documentari e servizi giornalistici dell’epoca tratti dagli archivi della Rai), passando per la medaglistica e la Collezione d’arte americana Friam-Friul Art and Monuments (Roy Lichtenstein, Sol le Witt, Frank Stella, Donald Judd, Carl Andre...) fino ad arrivare all’interpretazione di un gruppo di 10 artisti under trenta scelti da Andrea Bruciati.
Cuore simbolico della mostra sono però i 36 lacunari di Pomponio Amalteo (1505-1588) che decoravano il soffitto della distrutta chiesa di San Giovanni Battista di Gemona del Friuli, esposti al pubblico per la prima volta dopo quarant’anni di vita in un caveau. Santi, profeti e sibille che costituiscono ciò che sopravvive di un soffitto di 90 metri quadrati che è oggetto di un accalorato dibattito sulla sua ricollocazione e fruibilità in altre due chiese di Gemona. Allievo e collaboratore del Pordenone, Pomponio Amalteo è stato tra i maggiori interpreti del Rinascimento friulano. La grande opera nella chiesa di San Giovanni, nel centro storico di Gemona, è considerata il suo capolavoro. Mentre i 36 lacunari restavano nascosti in un deposito, lo spazio lasciato vuoto dalla chiesa crollata è diventato un parcheggio.
Quindici anni fa era nato un comitato cittadino sostenuto da Fai, Italia Nostra e dallo stesso Comune di Gemona per ricostruire il San Giovanni dov’era e farne un auditorium con il famoso soffitto. C’era il progetto, c’erano i soldi (circa 3 milioni di euro). Poi disguidi burocratici e dissensi in Comune hanno fatto morire l’iniziativa. I fondi sono finiti altrove. Altre idee sono sempre fallite. L’ultima è di sistemare i lacunari sul soffitto della chiesa di Fossale, sempre a Gemona: ma è troppo piccola, non ci stanno tutti. La mostra di villa Manin rimette tutto in discussione, il destino della grande opera è anche nelle mani della Soprintendenza: si spera di trovare uno spazio adeguato e che non torni in deposito, smontata e invisibile.
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