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Lidia Panzeri
Leggi i suoi articoliVenezia. È un Philip Rylands sereno quello che il prossimo giugno, a 66 anni (l’età della pensione, sorride), si appresta a lasciare la direzione della Collezione Peggy Guggenheim dopo 37 anni di attività: vicedirettore dal 1986, direttore dal 2000, direttore per l’Italia della Fondazione Guggenheim dal 2009.
Philip Rylands, la sua gestione si è rivelata molto dinamica anche nell’incrementare l’acquisizione di nuove opere.
Due sono stati i criteri che si è seguito per le acquisizioni, spesso frutto di una politica espositiva. Il primo: integrare il percorso già iniziato a Londra nel 1938 con la Galleria Guggenheim Jeune. Ne è la riprova la prossima mostra intitolata «Rita Kernn-Larsen. Dipinti surrealisti» in programma dal 26 febbraio al 26 giugno 2017. L’immagine guida della mostra è l’autoritratto dell’artista del 1937, acquisito nel 2013 per donazione. Rimanendo in ambito surrealista, l’altro esempio è quello di Richard Oelze, di cui avevamo un disegno e ora possediamo anche un dipinto.
Il secondo criterio, grazie anche alla mediazione di Luca Massimo Barbero, è stato quello dell’arricchimento di opere di autori italiani del dopoguerra, come un Bonalumi o una Dadamaino, insieme a quelle dell’Espressionismo astratto americano, vedi Rothko.
Il che ne fa il museo d’arte moderna e contemporanea più importante in Italia.
E con i suoi oltre 400mila visitatori l’anno il museo veneziano più visitato, dopo Palazzo Ducale.
Forse l’elemento di criticità è dato dalla carenza degli spazi.
Non direi. Con l’ultimo edificio, acquisito in autunno, abbiamo una nuova caffetteria, un piccolo centro didattico e un deposito per le opere. Lo spostamento della caffetteria ha consentito di liberare nuove sale espositive. Direi che al momento abbiamo raggiunto un equilibrio ottimale.
Però Punta della Dogana, per la quale avete concorso, è stata assegnata alla Fondazione Pinault.
Credo che l’accostamento dell’arte moderna della Collezione Peggy Guggenheim all’arte contemporanea della Fondazione Pinault sia stato un arricchimento per la città di Venezia.
Poi c’è l’aspetto formativo.
Le attività didattiche del museo spaziano da quelle dedicate alle scuole primarie e quelle per famiglie. Fiore all’occhiello è sicuramente il programma di Internship internazionale nato da un’intuizione di mia moglie Jane nel 1980 e che nel 2016 ha contato 150 giovani studenti appassionati d’arte, provenienti da 42 Paesi.
Quando sarà nominato il suo successore?
È già in corso la ricerca. Mi auguro in tempi brevi, visto che nel 2017 c’è anche l’impegno per la Biennale e che l’organizzazione del Padiglione Usa è affidata a noi. Il mio compito è garantire la continuità.
Rimpianti?
Nessuno.
E per il futuro?
Manterrò casa a Venezia dove ho tanti amici.
Altro Philip Rylands non aggiunge, anche se è evidente il suo entusiasmo per la grande retrospettiva dedicata a Marino Marini che coinvolgerà tutta la città di Pistoia, capitale italiana della cultura per il 2017, e che sarà alla Collezione Peggy Guggenheim di Venezia nel 2018.

Philip Rylands. Foto: David Heald © Solomon R. Guggenheim Foundation, New York
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