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Stefano Miliani
Leggi i suoi articoliRoma. Preceduta e seguita da critiche durissime, con dodici associazioni ambientaliste a partire da Italia Nostra, Wwf, Greenpeace, Lipu, Enpa, Marevivo che avevano invitato i parlamentari a bocciarla, la riforma della legge sui parchi è passata alla Camera nel pomeriggio del 20 giugno. L’hanno approvata con 249 voti i partiti di governo con il Pd in prima fila; hanno votato contro 115 deputati di SI – Sinistra Italiana, Mdp, M5S, Lega e Cor (Conservatori e Riformisti); Fi si è astenuta (32 gli astenuti). Per il ministro all’ambiente Gian Luigi Galletti di Centristi per l’Europa è un passo avanti rispetto alla legge del 1991, protegge meglio le aree che vanno dallo Stelvio al Parco nazionale d’Abruzzo e garantisce più fondi e trasparenza nelle nomine; viceversa, per gli ambientalisti il nuovo testo rispecchia un approccio puramente economicista, dà licenza di inquinare, sottopone le aree protette a interessi locali o particolari, apre le porte ai cacciatori e avrà ripercussioni pesanti e negative sui parchi. La legge deve tornare al Senato (da dove era partita) per l’approvazione definitiva, ma il passaggio più delicato era Montecitorio. Il relatore era Enrico Borghi, del Partito Democratico, capogruppo in commissione ambiente territorio e lavori pubblici.
Le royalties per attività inquinanti
La nuova legge è stata contestata fin dall’avvio del percorso parlamentare (cfr. «Il Giornale dell’Arte» n. 366, lug-ago. ’16, p. 6). Cosa cambia? Cambia la governance con presidente e direttore e fissa tra l’altro che dovranno essere competenti in materia e i direttori che dovranno passare attraverso una selezione pubblica. Cosa contestano le associazioni ambientaliste? Che non sarà richiesta una competenza di tutela ambientale e, volendo, che anche una competenza economica potrà valere come titolo. La legge inoltre rivede le sanzioni e il tipo di risorse, inserisce la Valutazione ambientale strategica nel Piano del parco, prevede che attività con impatto ambientale vengano compensate pagando royalties. Per il governo e i favorevoli si valorizza il parco e la norma permette di incassare soldi utili all’ente; per i critici si sancisce per legge una sanatoria a chi eventualmente inquina con impianti o aziende aprendo la strada anche alle trivellazioni. Il governo ribatte: la nuova legge impedisce nuove trivellazioni nei parchi e aree limitrofe e con le royalties i parchi potranno avere più soldi. È uno dei punti principali più controversi e su cui c’è motivo di preoccuparsi.
Agricoltori e caccia controllata
Nell’arco 2018-20 l’esecutivo stanzia 30 milioni per programmi di protezione ambientale nei parchi e nove nelle aree marine. Il Wwf e le altre associazioni mobilitate non arretrano e rincarano: la riforma «snatura» i parchi, «ci riporta indietro di 40 anni nella legislazione» e l’opposizione deve proseguire al Senato. Plaude al contrario la Coldiretti visto che gli agricoltori potranno entrare nei consigli di gestione. E anche questo punto è stato molto criticato dagli ambientalisti perché ritengono che gli interessi particolari peseranno di più. Ancora un tema molto controverso: dietro verifiche e controlli i cacciatori potranno abbattere animali nel parco se una specie si sarà riprodotta troppo rispetto all’equilibrio ambientale. La replica: dietro la scusa apparente del controllo faunistico si lascia entrare la potente lobby delle doppiette e, scientificamente, altri metodi come la contraccezione chimica risultano molto più efficaci.
Politica locale e il Delta del Po
Ancora tra i passaggi contestati: nella governance la politica locale peserà di più perché potrà incidere sulle nomine di presidenti e direttori. La tesi è che coinvolgere maggiormente gli enti locali contribuirà a proteggere con più efficacia le aree protette, che le aree saranno sentite come più vicine dagli abitanti e non come qualcosa di distante, che così ci sarà più trasparenza. Opposto il parere dei critici: con questo meccanismo si presterà molto più ascolto a interessi locali a danno di quelli nazionali. Più associazioni lamentano che non si prevede più di trasformare il Delta del Po, zona dalla ricca biodiversità, in parco nazionale. Il mancato passaggio è motivo di ulteriore delusione.
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Il Parco del delta del Po
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