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Goebbels in visita alla mostra sull’arte degenerata (1937) a Monaco di Baviera. Foto tratta da Wikipedia. Foto: Bundesarchiv | CC BY SA 3.0 DE

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Goebbels in visita alla mostra sull’arte degenerata (1937) a Monaco di Baviera. Foto tratta da Wikipedia. Foto: Bundesarchiv | CC BY SA 3.0 DE

Paparoni e la strumentalizzazione politica dell’arte

Le considerazioni del critico siciliano sui rapporti tra artisti e censura in un volume edito da Ponte alle Grazie

Matteo Mottin

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Dalla reazione di Theodore Roosevelt alle opere delle avanguardie europee presentate nel 1913 all’Armory show, passando per i complessi, e a volte controversi, rapporti tra gli artisti e le dittature del Novecento, fino alle recenti razzie di opere d’arte e reliquie in Ucraina da parte dell’esercito russo: il libro di Demetrio Paparoni analizza in maniera chiara e accessibile le strategie con cui idee e attitudini estetiche sono state strumentalizzate dai movimenti politici del secolo scorso, ma esamina anche i sistemi con cui i regimi hanno esercitato forme di censura sull’operato degli artisti.

Dai fatti analizzati, l’autore propone una considerazione che può essere utile a contestualizzare la lettura presente di un’opera del passato: con l’incedere del tempo, e con l’attenuarsi della partecipazione emotiva alle vicende politiche e sociali che ne fanno da contesto storico, il valore estetico tende a prevalere sul contenuto di un’opera quando questa presenta una visione del mondo che trascende le idee politiche del suo autore.

Il libro è la versione aggiornata di un precedente testo di Paparoni del 2014, Il bello, il buono e il cattivo, e nei suoi ultimi capitoli si concentra sullo stato dei rapporti tra arte e politica nella Cina di Xi Jinping, concludendo con una interessante riflessione: se in passato la politica perseguitava gli artisti sulla base del loro linguaggio, oggi la censura di un’opera si basa prevalentemente sul suo contenuto e sulla biografia di chi l’ha realizzata, ponendone la formalizzazione in secondo piano.
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Il libro si chiude su una serie di casi recenti, di ambito occidentale, in cui la censura non viene operata da un governo o da un partito politico, ma direttamente dai musei e dal pubblico: un rovesciamento, che anche in questo contesto non si basa sul linguaggio ma sui contenuti delle opere e sulla biografia dei loro autori, che nasce da motivazioni complesse e può essere indicativo del nostro presente, di un mutamento nelle esigenze del pubblico, e forse meriterebbe un futuro approfondimento, un’analisi che sarebbe bene non prescindesse dalle ricerche esposte con chiarezza in questo volume.

Come la politica condiziona l’arte
di Demetrio Paparoni, 480 pp., Ponte alle Grazie, Milano 2023, € 24

Matteo Mottin, 12 marzo 2024 | © Riproduzione riservata

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