Image

Verifica le date inserite: la data di inizio deve precedere quella di fine

Image

Carlo Scarpa, Murrine romane (particolare) © Venini

Image

Carlo Scarpa, Murrine romane (particolare) © Venini

Oltre un secolo di storia Venini attraverso i grandi designer del vetro

Dagli esordi di Vittorio Zecchin alle modulazioni di Napoleone Martinuzzi, dalle murrine di Carlo Scarpa agli occhiali-scultura di Ron Arad: la grande storia di un produttore di vetri di lusso diventato laboratorio di rivoluzione estetica

Germano D’Acquisto

Leggi i suoi articoli

C’è un momento, quando il vetro è ancora incandescente e l’aria profuma di sabbia e fuoco, in cui sembra che la materia possa diventare qualsiasi cosa. Venini nasce esattamente lì, in quel punto sospeso tra il possibile e il reale. È il 1921 quando Paolo Venini – avvocato con più occhio per il futuro che pazienza per le cause legali – decide che il vetro di Murano non può più limitarsi a essere un souvenir. Si racconta che il suo primo incontro con la fornace fu un colpo di fulmine: «Non è un mestiere, è un incantesimo», disse. E aveva ragione. Gli serve un complice e lo trova in Vittorio Zecchin, pittore e designer che dà vita a Veronese (1921), un vaso trasparente attraversato da un fascio di luce e ornato da un tralcio di more, simbolo di positività. Si narra che durante la creazione del vaso Zecchin si lasciasse ispirare dalle note di Debussy, suonate al pianoforte accanto alla fornace. Quel vaso non era solo vetro: era musica cristallizzata, un jazz immaginario che faceva sorridere Paolo Venini, ironico nel dire che quello sarebbe potuto essere «il primo jazzista di Murano».

Vittorio Zecchin, Veronese, 1921 © Venini

Con Zecchin, Venini capisce che il vetro può raccontare storie più profonde della semplice eleganza decorativa. Insieme immaginano vasi e lampade che non sono più oggetti, ma presenze sottili. Poi arriva Napoleone Martinuzzi, scultore dalla mano ferma che nel 1930 firma la linea Deco: vasi in vetro soffiato ispirati all’arte déco e all’acqua, con anelli graduali che ricordano cerchi concentrici su uno stagno. Martinuzzi, noto per il suo spirito goliardico, un giorno si presenta in fornace con occhiali da sole giganteschi: «Il vetro di Murano è talmente abbagliante che solo così si può guardare bene», scherza. Con lui, Venini scopre che la tradizione può piegarsi al sorriso, senza perdere la perfezione tecnica. Se Zecchin e Martinuzzi scrivono il primo capitolo di questo romanzo di vetro, Carlo Scarpa ne diventa il narratore più raffinato. Architetto e designer dalla precisione maniacale, osserva il vetro come un frammento di natura sospeso nel tempo. Quando visita la fornace porta sempre con sé qualche fiore raccolto nei giardini veneziani, per ricordare ai maestri che stanno creando non un semplice oggetto, ma una memoria liquida, un pezzo di natura cristallizzata. Tra il 1934 e il 1947, con le Murrine Romane e la tecnica Battuto a nido d’ape, Scarpa firma una rivoluzione: un mosaico di piccole scorie di vetro che diventa racconto visivo, geometrie e texture che rendono il vetro lirico e architettonico, trasformandolo in documento di tempo e luogo.

Fulvio Bianconi, Fazzoletto © Venini

 Nel 1948 arriva Fulvio Bianconi con il Fazzoletto, un vaso «mano volante» che congela un soffio di vento in vetro colorato. La leggenda vuole che Bianconi lasciasse cadere il vetro caldo per farne disegnare la forma alla gravità stessa. Mentre lo progetta, un amico gli chiede: «Ma se si stropiccia, lo buttiamo via?». «No - risponde lui senza esitare - lo mando in lavanderia». È questa leggerezza surreale la cifra di Bianconi: tecnica impeccabile e spontaneità che rendono i suoi pezzi piccoli spettacoli sospesi tra arte e ironia. Negli anni, si alternano maestri come Vico Magistretti, Tobia Scarpa, Ludovico Diaz de Santillana, un giovane e rigoroso, Massimo Vignelli, Gae Aulenti ed Ettore Sottsass. Quest’ultimo, rivoluzionario per natura, dà vita a opere come il lampadario Firenze, un cortocircuito di forme e colori che mette alla prova ogni tradizione veneziana. Paolo Venini, pur con la sua elegante compostezza, deve ammettere che Sottsass aveva fatto perdere al vetro il controllo, ma al tempo stesso gli aveva regalato nuova vita. Con lui, Venini smette di essere solo un produttore di vetri di lusso per diventare un laboratorio di rivoluzione estetica, dove rigore ed estro sfrenato si incontrano.

Napoleone Martinuzzi, Deco © Venini

Nel tempo, il romanzo di Venini si arricchisce di altre voci: Alessandro Mendini con le sculture monumentali Grande Brindisi e Grande Alzata; Lino Tagliapietra, maestro vetraio che incarna da solo il ponte tra tradizione e innovazione, autore di creazioni come la collezione Poetiche; Cini Boeri, che invece, spoglia tutto fino all’essenziale, firmando lampade che sembrano sospese nell’aria: monumenti di luce e trasparenza industriale. Poi, negli anni Duemila, arrivano altri grandi nomi internazionali: Tadao Ando, che firma la linea minimalista e contemplativa Ando Sphere ispirata alla purezza del vetro; Fabio Novembre, con i vasi narrativi Lou, a metà strada tra vaso e lampada opalina; Gaetano Pesce, che plasma la serie Re, Regina e Principe in vetro satinato; Harri Koskinen che soffia silenzi nordici nelle sue luci di vetro essenziali; Ron Arad che trasforma occhiali in sculture con la serie provocatoria Where Are My Glasses?; e Peter Marino, che impone un nero sublime con la collezione Black Belt, vasi-gioiello scuri e misteriosi. Oggi, dopo più di cent’anni, Venini non è solo una fornace, ma un grande racconto che non smette di essere scritto. Ogni maestro, ogni designer ha lasciato un segno, una scintilla, un modo diverso di far parlare il vetro. C’è chi l’ha fatto danzare come un fazzoletto al vento, chi l’ha scolpito come un gioiello scuro, chi l’ha fatto ridere di sé stesso. E così che a Murano, la materia continua a trasformarsi: ogni nuovo pezzo sembra dire che la storia è appena iniziata, e che il vetro – per quanto fragile – non ha mai avuto paura di cambiare.

Ettore Sotsass, Lampadario Firenze © Venini

Germano D’Acquisto, 12 agosto 2025 | © Riproduzione riservata

Altri articoli dell'autore

Con un viaggio fotografico di 160 immagini, il Metropolitan Museum di New York rende omaggio a una storia scoperta per caso in un mercatino di Manhattan nel 2004

Una collettiva intelligente, al Kunstmuseum, sul rapporto inesausto tra il visibile e l’invisibile, il corpo e il suo fantasma, l’estetica e la responsabilità

La mostra alla Bundeskunsthalle di Bonn si pone come una via crucis laica del guardare, accompagnati dal regista tedesco che può essere anche definito un viaggiatore che fotografa

Più che una mostra, un esercizio di umiltà: come cultura, arte e architettura possono contribuire, con bellezza e intelligenza, alla transizione ecologica

Oltre un secolo di storia Venini attraverso i grandi designer del vetro | Germano D’Acquisto

Oltre un secolo di storia Venini attraverso i grandi designer del vetro | Germano D’Acquisto