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Chiara Coronelli
Leggi i suoi articoliParigi. Ci sono immagini che diventano icone di intere pagine di storia. Il miliziano di Capa, il soldato americano sotto shock di McCullin, la bambina che corre straziata dal napalm di Nick Ut, il ragazzo che doma i carri armati in Tienanmen, solo per ricordarne alcune. Tra queste c’è anche Jan Rose Kasmir che si avvicina con un fiore in mano agli uomini armati della Guardia Nazionale, all’esterno del Pentagono durante una protesta contro la guerra in Vietman. È il 1967 e la fotografia di quella ragazza diventa per tutti il simbolo del Power Flower e della lotta pacifista; il suo autore è Marc Riboud, scomparso lo scorso 30 agosto all’età di 93 anni. Di fotografie destinate a entrare nella memoria di tutti, Riboud ne ha scattate molte, lungo una carriera cominciata nel 1953 quando il suo «Le peintre de la Tour Eiffel» viene pubblicata su «Life» aprendogli le porte di Magnum.
Nato nel 1923 a Saint-Genis-Laval, nei dintorni di Lione, nel 1951 lascia il lavoro di ingegnere e si sposta a Parigi, dove incontra Cartier-Bresson e Robert Capa, e comincia la sua attività di fotoreporter. «Pochi fotografi hanno tanti provini a contatto come Riboud, dice Jean-François Leroy direttore del festival Visa pour l’Image, che proprio quest’anno gli dedica una mostra, la sua opera è unica, era a suo agio con qualsiasi soggetto, e anche 50 anni dopo il suo lavoro non è invecchiato per niente».
Riprendere la vita è per lui un’ossessione, «una mania, un virus forte quanto il mio istinto per la libertà. Se il gusto per la vita diminuisce, diceva, le fotografie impallidiscono». Una passione filtrata attraverso un’istintiva sensibilità estetica, quella che gli fa cercare la composizione dentro l’inquadratura, e che a Cartier-Bresson farà dire «ha un compasso negli occhi». Riprende gli avvenimenti che scuotono il mondo toccando moltissimi Paesi, tra i quali Iran, Afghanistan, India, Cina (dove torna più volte), Nepal, Giappone, Algeria, Vietnam, la Polonia, il Sud Africa. Nel 2008 è a New York a riprendere l’elezione di Barack Obama, finché dal 2010 si vede costretto a Parigi per motivi di salute. Il suo obiettivo ha attraversato mezzo secolo, mettendo in campo passione, tenacia, umanità, fiuto giornalistico, e la capacità di passare lieve e incisivo nella storia del Novecento.
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Marc Riboud è scomparso lo scorso 30 agosto a 93 anni
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