Una veduta dell’allestimento della mostra «LOG: R-D-A» di Daniele D’Acquisto

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Una veduta dell’allestimento della mostra «LOG: R-D-A» di Daniele D’Acquisto

L’ultimo capitolo della ricerca di D’Acquisto

Il percorso espositivo allestito da Gagliardi e Domke rappresenta la memoria di tutto ciò che è accaduto alle opere e allo spazio circostante in ogni fase della loro vita scultorea

È un gioco di scatole cinesi sul concetto di archivio la personale di Daniele D’Acquisto (Taranto 1978) alla galleria Gagliardi e Domke, a cura di Michele Bramante. Lo è anche sulla visione e percezione dello spazio come compresenza di volumi. D’Acquisto smonta la realtà, scarnifica e astrae radicalmente la presenza plastica dei corpi, cancellandone la caratterizzazione per farne emergere la massa, la sua solidità minimale e imponente. Un atteggiamento che evoca il Minimalismo americano anni Sessanta, con il suo rapporto fisico e sensoriale con la materia, destrutturata ed enucleata nella sua ossatura essenziale, primaria, primitiva. A differenza di quel movimento storico, però, nelle opere di D’Acquisto la presenza e la traccia dell’autore sono ben evidenti. L’artista è il progettista assoluto, colui che smembra e rimpasta la materia, elaborandola in una visione scultorea.

«Il mondo è dato nello spazio continuo, che per D'Acquisto è la materia stessa della scultura, al di là dell'aspetto finale dell'opera o delle fattezze dell'oggetto che può interpretarla occasionalmente», scrive Bramante nel suo testo critico. «Quando un frammento della realtà viene trasformato in volume puro perde ogni legame con la sua esistenza ordinaria. La funzione che aveva in origine gli viene totalmente sottratta, in modo che la percezione possa concentrarsi esclusivamente sugli effetti formali». Nella sua visione, la galleria stessa diventa lo spazio continuo di cui parla Bramante, un luogo dove l’arte è custodita e archiviata con varie declinazioni. Un’arte intesa come memoria di tradizione storica e critica ideale, come produzione di opere e azioni, di testi, come accadimenti e conversazioni avvenute durante le mostre, negli incontri tra figure plurali del sistema arte così come con il pubblico.

«Il progetto nasce da una lunga frequentazione della galleria da parte di Daniele, questa è la sua quarta mostra con noi», racconta il gallerista Pietro Gagliardi, che aggiunge: «proprio vedendo il magazzino gli è venuta l’idea di un grande lavoro unico che riflettesse sul tema dell’archiviazione». Le parole ricerca, display e archivio sono, infatti, all’origine del titolo della mostra, «LOG: R-D-A». «Log è un termine preso in prestito dal linguaggio informatico. Corrisponde a un registro degli eventi che si verificano durante l’uso di un dispositivo elettronico. Per analogia, il momento dell’esposizione rappresenta la memoria di tutto ciò che è accaduto alle opere e allo spazio circostante in ogni fase della loro vita scultorea. La mostra funziona quindi come un file di log e rappresenta dunque un archivio di quegli eventi», spiega ancora Bramante.

Lo spazio è un’unica grande installazione, un dialogo fluido primariamente tra materiali in legno chiaro, casse d’imballo reali e altre costruite, che si aprono, accolgono e nascondono altre casse e spazi, che si espandono e squinternano a parete, diventando pareti stesse e quinte, tutto progettato nei minimi dettagli, trasfigurando elementi, come il nastro da pacco che scoccia e tiene le fotografie e le etichette apposte sulle casse da imballo, trasformato in sottile scultura di metallo. Parte delle casse utilizzate per la conservazione di opere della collezione della galleria sono state impiegate per realizzare la mostra, prese direttamente dal deposito della galleria.

La mostra è l’ultimo capitolo di una lunga ricerca aperta sul tema della scultura, un percorso raccontato da un allestimento al piano superiore della galleria, con opere diverse che creano una narrazione di arrivo e di comprensione alle opere recenti, in una rarefazione che procede e coinvolge tutto ciò che accade nello spazio, anche in forma di suono. Alcune sculture del 2010, appartenenti alla serie «GoRe», nascono infatti dalla traduzione tridimensionale della curva sonora di alcuni famose frasi storiche pronunciate da personaggi iconici, come quella dell’astronauta Jack Swigert, che il 14 aprile del 1970, durante la missione spaziale dell’Apollo 13, disse alla Base di Controllo di Huston: «Ok Houston, we’ve had a problem here…».

Una veduta dell’allestimento della mostra «LOG: R-D-A» di Daniele D’Acquisto

Una veduta dell’allestimento della mostra «LOG: R-D-A» di Daniele D’Acquisto

Olga Gambari, 25 settembre 2023 | © Riproduzione riservata

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L’ultimo capitolo della ricerca di D’Acquisto | Olga Gambari

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