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Stefano Causa
Leggi i suoi articoliScritto da due studiosi di generazioni diverse, Carlo Ginzburg ed Enrico Castelnuovo, Centro e periferia è un titolo boa della storiografia di fine '900; un apice della storia dell’arte come storia della cultura. Pubblicato originariamente nel 1979, in apertura della Storia dell’Arte Einaudi, il saggio salda il decennio e ne apre un altro, che su queste pagine non smetterà di interrogarsi. L’idea portante mira a riesaminare e, se è il caso, sovvertire il senso del tradizionale vassallaggio territoriale, cioè culturale, della periferia nei riguardi del centro.
Quel rapporto viene ripensato con esempi calibrati e con un’intelligente rilettura delle fonti. Ne emerge una dialettica vischiosa, da ricontrattare ogni volta. Il volume è una spia degli indirizzi che avrebbero assunto le discipline storico artistiche dopo la scomparsa di Roberto Longhi. Il policentrismo da lui difeso in polemica con le mappe consacrate da un’illustre tradizione, viene suffragato con l’ausilio di varie competenze. Al punto che in fondo non sbaglierebbe chi rileggesse il volumetto come un omaggio non ossequiente a quel magistero.
Ma Centro e periferia è, innanzitutto, l’esito di una partita doppia: lo storico in senso stretto (che non ha più voglia di definirsi tale) dialoga alla pari con lo storico d’arte (che non pretende di essere un conoscitore puro). Nessuno ci tiene a stare nei limiti della cornice (e neanche ci riuscirebbe). Entrambi imbarcano stimoli diversi innescando, senza sforzo apparente, gli innesti più fecondi. Longhi morì nel 1970; di lì a poco sarebbero cominciate le riunioni per mettere in cantiere l’Arte Einaudi: ultima chiamata di correo dell’intellighenzia di sinistra in Italia ma, a volumi alla mano, disorganica e centrifuga.
Scomparso Longhi la lettura dello stile non è più il salvacondotto unico per i documenti figurativi. Sotto l’assedio di altre discipline cambiavano le regole d’ingaggio del conoscitore e il senso stesso del mestiere di storico. Che aria tirasse lo si capisce da questo libro straordinario e singolare dove si analizzano i ferri del mestiere nel momento stesso in cui li si adoperano. Se una notte d’inverno un viaggiatore accenna alle «vicende, personaggi, ambienti, sensazioni vengono spinti via per lasciar posto ai concetti generali».
E inoltre: «Questo è il momento in cui a cercare la propria realizzazione sulla carta non sono tanto degli individui isolati quanto delle collettività: seminari di studio, gruppi operativi, équipe di ricerca, come se il lavoro intellettuale fosse troppo desolante per essere affrontato in solitudine. La figura dell’autore è diventata plurima e si sposta sempre in gruppo». Parola di Italo Calvino.
Ci si chiede che cosa ne pensassero gli interlocutori di Longhi come Francesco Arcangeli o Giovanni Testori, che difficilmente si sarebbero seduti al banchetto dell’arte Einaudi che si era cominciato ad allestire, tra entusiasmi e veleni, da un decennio. Come si sa, le buone bibliografie vanno ripercorse da principio.
Il giovane curioso che s’imbattesse, per la prima volta, in questo saggio a quattro mani, dove sono custoditi i codici di accesso a un’altra storia e geografia dell’arte in Italia, non deve mai dimenticare questo: che esso comparve nel volume Einaudi intitolato Questioni e metodi. Il libro segue quelli dedicati alla periodizzazione (a firma di Giovanni Previtali), al dibattito sulla tutela (Andrea Emiliani), all’autobiografia di Ferdinando Bologna (I metodi di studio dell’arte italiana e il problema metodologico oggi).
Questa strategica calibratura è oggi un poco sottaciuta nella veste spartana che ne accompagna, con una specificazione nel titolo e una prefazione di Ginzburg stesso, la meritoria ripubblicazione. Vi sono libri, come questo, che ringiovaniscono nel tempo e si rimettono in corsa come fossero stati appena licenziati.
Centro e periferia nella storia dell’arte italiana, di Enrico Castelnuovo e Carlo Ginzburg, 160 pp., ill., Officina Libraria, Milano 2019, € 18,00

Carlo Ginzburg ed Enrico Castelnuovo
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